Mio Marito Ha un
problema. Soffre di
una compulsione al riordino molto fastidiosa per chi gli sta accanto. Se mentre
cucino poso un cucchiaio accanto ai fornelli, lui, appena mi distraggo, lo
prende e lo infila in lavastoviglie. “Ehi! Dov’è il cucchiaio? ”,. “Al suo
posto, perché?”. “Perché lo stavo usando! Mi serviva ancora!”. “Era in
disordine”. A tavola, toglie i piatti quando ancora stiamo mangiando, fa
sparire il sale mentre allunghiamo la mano per prenderlo, si alza, spazza tra un
boccone di pasta e un sorso d’acqua. “Puoi stare fermo? Facciamo dopo: così
metti ansia”, lo imploro. Lui sbuffa, si risiede e borbotta che siamo sciatti e
che, senza di la casa andrebbe a rotoli. L’inquietudine domestica tuttavia non
è l’unico lato oscuro dell’economia marxista barese che usa sempre la stessa
matita con mina HB, che fa tutti i giorni 100 vasche in piscina e si sete Ian
Thorpe, che ha l’animo del monaco trappista, mangia pane vecchio e cambia le
scarpe ogni 12 anni. Si chiamano nevrosi, possono essere innocue o molto
moleste. Iniziamo a coltivarle da piccoli e talvolta le lasciamo crescere,
rigogliose e infestanti, al nostro fianco. In casi estremi prendono il
sopravvento e ci soffocano. In tutti gli altri contribuiscono a renderci unici
con le nostre luci e le nostre croci. Io la mattina devo mangiare biscotti
secchi al miele, nella loro confezione monodose, con tè al latte. La loro
assenza mi rende incompleta e infelice. Conduco una battaglia accanita e
pervicace, ormai pluridecennale, contro i peli superflui, mi lavo le mani
troppe volte al giorno e compro molte più scarpe di quelle che sono in grado di
indossare. “Non ha nemmeno tre anni e possiede già le nevrosi di un
cinquantenne”, commentò un amico osservando il mio primogenito che, nel 2005,
esigeva che i mattoncini delle costruzioni fossero riposti in rigoroso ordine
cromatico e posizionati accanto al suo lettino, tra il cubo multiattività e il
camion dei pompieri. Fu allora che m’interrogai per la prima volta
sull’effettiva pericolosità delle nostre manie e sull’opportunità di estirpare
sul nascere quelle dei figli. “Secondo te dovrei fare qualcosa?”. Domandai al
mio amico. “Forse sì, a meno che tu non voglia fare di questa creatura un
adulto ossessivo e infrequentabile”, rispose. Oggi, a 13 anni, quel bambino che
riordinava mattoncini prima di dormire, coltiva i suoi addominali come fossero
peonie. Suo fratello decenne controlla a intervalli regolari le previsioni del
tempo di Ulan Bator, non tollera che si metta l’articolo davanti ai nomi propri
e dichiara di non poter vivere senza la sua spazzola. Il piccolo, in seconda elementare,
passa ore a colorare disegni caleidoscopici antistress e, quando finisce, è
terribilmente nervoso. “Perché ti agiti tanto?”. “Perché non è perfetto”. Mio
marito è di là. Sta riempiendo la lavastoviglie seguendo il suo superiore e
inimitabile criterio di ordine. “Voi non siete capaci”, afferma, mentre
controlla il livello del brillantante. Nonostante tutto è un uomo perbene. Io,
malgrado mangi solo biscotti secchi al miele, ho ancora vari amici che mi
vogliono bene. Quei tre, con i loro addominali scolpiti, l’attenzione
spasmodica al meteo della Mongolia e il coloramento compulsivo sembrano
piuttosto felici di stare al mondo. Forse le nevrosi ci servono a stare diritti
e a camminare sul bordo del nostro pozzo nero senza caderci dentro. E allora
teniamocele strette, con discrezione, senza abusarne o esibirle, insieme agli
altri salvifici scheletri di cui sono pieni gli armadi.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di Repubblica – 28
gennaio 2017
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