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giovedì 16 febbraio 2017

Lo Sapevate Che: L'Europa si gioca a Parigi...



Più Per Esorcismo che per convinzione si diceva: può finire l’Europa. In fondo non lo si pensava. Ora che i barbari sono alle porte, l’ipotesi assume le sembianze concrete di una signora bionda che ha ingentilito i modi passando dal nero della sua eredità politica al “bleu”. Il “bleu Marine Le Pen”, per autodefinizione. Così, in un’inversione di senso delle parole, il governatore della Bee Mario Draghi proclama l’euro “irrevocabile” proprio perché sente concreta la minaccia della revocabilità. E simbolicamente il Continente rischia di andare in frantumi a 25 anni esatti da quella firma storica del trattato di Maastricht (7 febbraio 1992). L’Europa può sopportare la Brexit, reggere l’uscita dell’Olanda se Geert Wilders vincerà le elezioni di marzo o dell’Ungheria se il suo padre-padrone Viktor Orbain deciderà lo strappo. Ma certo non può fare a meno della Francia, Paese fondatore, con la Germania polo dell’asse che l’ha retta per conciliazione e come risarcimento dei lutti procurati simbolicamente dalla linea del fiume Reno. I destini comuni sono dunque nelle mani della nazione più sciovinista, quella che bocciò per referendum nel 2005, e di fatto affossandola, la Costituzione Europea in difesa di una sempre rivendicata sovranità. Marine Le Pen, se a maggio approderà all’Eliseo, vuole uscire dal comando unificato della Nato e poco spaventa: c’è il precedente del generale de Gaulle che nel 1966 fece altrettanto. Soprattutto vuole tornare al franco e lasciare Bruxelles. Se i mercati entrano in fibrillazione e lo spread s’impenna è perché l’ipotesi non appartiene al periodo ipotetico dell’irrealtà. E difficile, non impossibile. I suoi avversari sembrano impegnati in una gara a perdere. L’ex temibile campione della destra tradizionale, François Fillon, si è incartato nella poco edificante vicenda dei fondi pubblici regalati a moglie e figli. Il socialisa Benoit Hamon non è detto arrivi al ballottaggio, dovrà dividere i voti di sinistra col tributo Jean-Luc Mélenchon. Il giovane Emmanuel Macron dovrà dimostrare che esiste un centro in un Paese che non l’ha mai avuto perché fortemente bipolare per tradizione e meccanismi istituzionali, mentre si trova a fronteggiare anche una strisciante e vergognosa campagna sulle sue attitudini sessuali. Anche stavolta Parigi val bene una messa. Non sappiamo se di de profundis o di resurrezione dell’Europa.
Gigi Riva – L’Espresso – 12 febbraio 2017

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