La Sua Intervista a Sabina Minardi su l’Espresso del 22 gennaio sul trionfo dell’egoismo,
visto il diffondersi del vivere soli, lascia per certi aspetti perplessi. Una
società opulenta permette di vivere soli, una società povera esalta la
famiglia. Che sentimento è quello dell’uomo solo? Le ragioni che lei adduce per
queste considerazioni sono giuste. Tuttavia non è sempre così, anzi una società
evoluta permette di intessere rapporti sentimentali veri e sinceri.
Se È Vero, come scriveva nel suo documentato
servizio Sabina Minardi, che “Un nucleo su tre è formato da una persona sola”,
questo fenomeno determina non solo una significativa mutazione sociale, ma
anche una non trascurabile mutazione psicologica che merita di essere
considerata. Il diffondersi della condizione di single segnala la fuoriuscita
da un’economia di sussistenza, dove la povertà dei più trovava nell’amore una
sorta di garanzia, perché l’unione di due famiglie o gruppi parentali
assicurava maggior sicurezza economica e forza lavoro per l’impresa familiare,
mentre per i privilegiati la relazione amorosa, per lo più combinata,
consentiva di ampliare il patrimonio e il prestigio. Quindi, sia per poveri sia
per ricchi, economico, naturalmente in misura sproporzionatamente diversa, ma
in ogni caso per entrambi vantaggiosa. In una società se non proprio opulenta,
comunque del maggior benessere, l’amore può sganciarsi dalla necessità
economica. E se prima la famiglia era sostenuta proprio da questa condizione,
ora il suo costituirsi perde attrazione rispetto ai vantaggi di una vita da
single, dove uno ha da provvedere solo a se stesso, ed è nella condizione di
concedersi a tutti gli amori che incontra senza dover giustificarsi o mentire.
Non so dire quali possono essere nel bene o nel male le conseguenze a livello
di organizzazione e struttura sociale. Provo a considerare quali possano essere
le conseguenze dal punto di vista psicologico, soprattutto in ordine alla
natura del sentimento che (a differenza della passione e dell’emozione –
processi naturali che il soggetto avverte in una condizione di passività) è un
evento culturale che il soggetto apprende, elabora, modifica, incrementa,
affina, grazie alla relazione con l’altro. Perché è l’altro che ci modifica
facendoci conoscere l’altra parte di noi stessi, a cui noi possiamo accedere
grazie alla fiducia che abbiamo riposto nell’altro. Anche il single incontra
l’altro, anzi non di rado molti altri, spesso su base passionale ed emotiva,
raramente su base sentimentale, perché per accedere al sentimento è necessario
che l’altro che si incontra non lo si percepisca come funzionale al proprio io
proteso alla tutela di sé, alla propria gratificazione narcisistica o al
proprio riscatto dall’anonimato sociale. Perché in questi casi non si esce
dalla propria solitudine e tanto meno dalla propria impermeabilità, che non
concede al single di mettere in gioco la sua autosufficienza e di aprire un
varco o anche una ferita alla sua identità protetta, in una sorte di rottura di
sé perché l’alto lo possa raggiungere. (..). Innanzitutto perché il single
rende a concepire la libertà come revocabilità di tutte le scelte e, passando
da fiore in fiore, non si concede il tempo di essere attraversato dall’altro, e
quindi di provare la vertigine di uscire in qualche modo da sé, attratto da
quella trascendenza, da quella eccedenza, da quell’ulteriorità che consente di
avvertire, oltre se stesso, l’altro da sé. Questo infatti è possibile solo se
l’altro mi altera, mi modifica, mi sottrae a quell’impianto di difese al cui
interno si è arroccato il nostro io, terrorizzato di consegnarsi a un’alterità
che incrini la sua identità. Condizione, questa, necessaria per aprirsi a ciò
che noi non siamo, a quel nulla di noi, che è poi la scoperta del mondo, a cui
il sentimento ci accompagna quando non si rattrappisce in uno sterile amore di
sé. Il teologo ortodosso Christos Yannaras scrive: “Se esci dal tuo io, sia
pure per gli occhi belli di una zingara, sai cosa domandi a Dio e perché corri
dietro di Lui”. Ma per accorgersi degli occhi belli di una zingara, bisogna già
essere usciti dal proprio io. E questa è la cosa che al single risulta più
difficile, proprio per effetto della sua condizione, quando + scelta.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica - 18 febbraio
2017 -
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