È uno strano asse quello che unisce
Donald Trump al presidente e poggia sul progetto del megaoleodotto Keystone
Pipeline è stato ora resuscitato dal nuovo X.L. Bloccato poi bocciato da Barack
Obama, è stato ora resuscitato dal nuovo presidente americano, ed è tra più
contestati di sempre. In buona sostanza, l’oleodotto taglierà in due il Nord
America scendendo dall’Alberta, in Canada, attraverserà il Montana, il South
Dakota e il Nebraska per poi unirsi a una struttura già esistente e arrivare
fino al Golfo del Messico. Il megaoleodotto rientra in un progetto ancora più
ampio, che ha per obiettivo rendere il Nord America il secondo produttore al
mondo di petrolio dopo l’Arabia Saudita e quindi energicamente autosufficiente.
Il punto è che il petrolio in questione verrà estratto dalle sabbie bituminose
dell’Alberta, con un procedimento a fortissimo impatto ambientale: in miniere a
cielo aperto si raschia il terreno fino a quando il greggio non affiora in
superficie mescolato a sabbia e metalli pesanti. A questo punto viene filtrato
con un enorme consumo di acqua. L’osservatorio sulle sabbie bituminose Tar
Sanda Watch stima che per ogni barile di petrolio estratto ne occorreranno tre
di acqua per pulirlo e prepararlo alla raffinazione e che, nei prossimi
decenni, il 3 per cento di tutta l’acqua dolce canadese potrebbe essere
consumata soltanto per questo scopo. Ma non è tutto. L’estrazione così fatta
consuma anche molta energia: le emissioni di gas serra risultano, secondo uno
studio del Congressional Research Service del 2914, del 23 per cento maggiori
di quelle legate all’estrazione tradizionale. E ancora; le acqua usate per
pulire il bitume, poi, rimangono contaminate per sempre e, penetrando nella
falda, darebbero origine a seri problemi sanitari per le popolazioni locali.
L’avvio delle miniere a cielo aperto ha già distrutto una buona parte delle
foreste della regione e altre rischia di farne sparire. Insomma un’ecatombe
ambientale a cui si aggiungerebbe il fatto che, dopo aver speso 200 miliardi di
dollari (questa la stima) per poter sfruttare il petrolio delle sabbie
bituminose, nessun governo americano avrebbe probabilmente più fondi da
investire in energia verde. L’unico modo di fermare tutto ciò sarebbe quello di
chiudere il rubinetto delle estrazioni in Canada e l’unico che potrebbe farlo è
Justin Trudeau, fin qui celebrato come il leader di una nuova sinistra moderna
e ambientalista. Ma il petrolio canadese è davvero tanto: si prevedono 170 miliardi
di barili, e lavoro per 500 mila persone. Difficile che Trudeau riesca a dire
di no.
Luciana Grosso – Scienze – il Venerdì di Repubblica – 10
febbraio 2017 -
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