Tutti noi abbiamo un assistente
instancabile inesauribile che ci segue 24ore su 24 ed è capace sia di registrare
con zelo i nostri appunti sia di sostenerci con consigli utili ad affrontare
situazioni impreviste. È efficiente, un po' come un computer, ma anche
creativo. Una vera e propria intelligenza, insomma, ma non artificiale. È
quella, naturalissima, della nostra memoria. A scrivere questo elogio dei
nostri neuroni, sulla base di studi recenti, è il saggio La memoria geniale.
Come ricordiamo, perché dimentichiamo(Rizzoli) scritto da Hannah Monyer,
direttore del Dipartimento di neurologia clinica dell’Università di Heidelberg,
pluripremiata in Europa per i suoi studi sulla plasticità del cervello, e
Martin Gassmann, docente di filosofia nella stessa Università e studioso del
rapporto tra il pensiero e la fisica del cervello. Professoressa Monyer, nel
libro sostenete che la memoria è sottovalutata. In che senso? “La memoria
non è, come molti pensano, un semplice archivio statico dove si ripongono e da
cui si estraggono i ricordi. È invece una forza dinamica che, quando riceve
nuove informazioni dai sensi, le confronta con quelle, inerenti allo stesso
fatto, oggetto o persona, che erano già stipate nella corteccia cerebrale. Lo
fa per aggiornare queste ultime, se appaiono troppo difformi e obsolete per
essere utili nel presente. Ma c’è di più: la memoria può offrirci soluzioni
alle quali non potremmo arrivare tramite il semplice ragionamento”. Che cosa vuol dire? “Sarà capitato a
molti di coricarsi arrovellandosi su un problema e di accorgersi, la mattina
dopo, che la soluzione si è formata all’improvviso nella mente. Non è soltanto
intuizione: è merito della memoria. Durante il sonno, infatti il cervello la
usa per ripercorrere ciò che abbiamo lo usa per ripercorrere ciò che abbiamo
fatto nella realtà, e sperimentarne le più curiose e originali variazioni. Il
sonno, grazie alla memoria, è un laboratorio di scenari alternativi che ci
rendono più eclettici e creativi nelle decisioni che prenderemo poi da svegli:
a volte possiamo risolvere un problema che ci angustiava proprio per averlo
esaminato durante il sonno da altre prospettive. Compresi punti di vista che
non sono “nostri” in senso stretto…”. Davvero
possiamo vedere qualcosa da un punto di vista diverso dal nostro? “Nei
sogni sì. Lo abbiamo capito notando che esiste un’area cerebrale attiva durante
i sogni a occhi aperti, ma non durante i sogni notturni: il precuneo. È un’area
che sappiamo avere a che fare con la percezione del sé negli eventi. Ecco
perché nei sogni notturni ci capita di non sapere bene di chi siano gli occhi
con cui assistiamo agli avvenimenti del sogno. (..). E questo “eclettismo notturno” ci aiuta, lei dice, nella vita di tutti
i giorni… “Un essere vivente dotato di una buona memoria episodica affronta
meglio la vita, perché, grazie anche agli scenari alternativi per le sue azioni
che esplora nel sonno, può anticipare esiti negativi di decisioni mai prese e
ha le alternative sott’occhio ancora prima che diventi urgente cerare nuove
strade rispetto al corso normale delle sue azioni. (..). Questo consolidamento quando avviene? “Sempre durante il sonno, ma
nella fase di sonno profondo che precede il sonno rem. Studiando questa fase in
laboratorio, abbiamo visto una cosa sorprendente. Abbiamo lasciato un topolino
libero di esplorare uno spazio, registrando tutto il lavoro dei suoi neuroni di
posizione. Quando il topo si è addormentato abbiamo visto che nel sonno si
attivavano gli stessi identici neuroni nell’ordine preciso della sua
passeggiata mattutina. Ma non era un semplice replay: tutto avveniva circa
venti volte più velocemente! È durante questa compressione delle esperienze
diurne che l’ippocampo le trasmette alla corteccia cerebrale perché rimangano
come ricordi a lungo termine. (..). Sempre
che la memoria ci assista. A proposito: perché con il passare degli anni
tendiamo a dimentica sempre più cose? “Sfatiamo un mito: l’età, perlomeno
nei cervelli sani, non comporta una demolizione della memoria, ma una sua
ristrutturazione. Le cose che dimentichiamo da anziani sono soprattutto quelle
che non ci servono più: è una specie di ottimizzazione delle risorse. Certo, è
vero che diventano più difficili tre delle operazioni che consolidano i
ricordi: il rafforzamento delle sinapsi, la creazione di nuove sinapsi e la
produzione di nuovi neuroni. Ma questo non significa che si arrestino del tutto.
(..). Studiando i canarini adulti abbiamo capito che non è così Smettono di
cantare in autunno e ricominciano in primavera. Sa perché? Perché in autunno
muoiono alcuni neuroni dove i canarini conservano le loro melodie. E in
primavera nascono nuovi neuroni in quegli stessi punti. È il processo della
neurogenesi, e dipende dalle staminali nel cervello: ovviamente le staminali
non possono dividersi all’infinito, e prima o poi scarseggiano, Ma si è visto
che con l’esercizio - sia fisico che
mnemonico – e se si evita lo stress, la neurogenesi dura più a lungo.
Giuliano Aluffi – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 10
febbraio 2017
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