Ai Mali Della scuola italiana, che lei elenca nella sua risposa a Michela Altoviti sul
numero del venerdì di metà gennaio, ne aggiungerei un terzo: la folla
indistinta di intellettuali che parlano a ruota libera di scuola e insegnanti
sapendone ben poco o nulla. Il loro unico scopo, forse anche il suo, sembra
solo quello di essere offensivi, distruttivi. Quali competenze ha lei per
affermare che gli insegnanti non sanno la matematica, la fisica, la
letteratura, la filosofia? Si sono tutti laureati, hanno in gran parte superato
concorsi pubblici. Non hanno carisma? Non affascinano? Vogliamo introdurre un
“valutatore di carisma” o di fascino nella selezione del personale docente? Mi
scusi, ma io rifuggo dal carisma e dal fascino, che possono essere armi molto
pericolose. Insegno filosofia in uno storico liceo del centro di Roma. Gran
parte dei miei studenti sono figli di famiglie benestanti che potrebbero
mandarli nel fior della scuola privata. Se vengono da noi, vuol dire che noi
insegnanti non saremo BRAVI, ma almeno discreti sì.
Paola Orsucci paola.orsucci58@gmail.com
Io Non Scrivo sul venerdì, ma su D La Repubblica delle donne. Un po' di
attenzione, prima di lasciarsi prendere dal furore dell’ira, non guasta. Che
molti professori (sottolineo: molti, non tutti) non abbiano una competenza sufficiente
della loro materia è cosa nota agli studenti, ai genitori e ai colleghi
professori. Questi ultimi, quando dovesse capitar loro di subentrare l’anno
successivo in quell’insegnamento, si trovano a dover recuperare due anni in
uno. E c’è chi lo fa e chi non ritiene suo compito farlo. Gli studenti si
arrangino come possono. Essere laureati non è di per sé indice di competenza-
Posso garantirle che ci si può laureare ad esempio in filosofia anche senza
aver letto una sola pagina di Platone o di Kant. (..). Quanto a me, qualche
conoscenza diretta della scuola la possiedo, avendo insegnato, prima di
accedere all’università, nelle scuole medie inferiori, negli istituti tecnici,
negli istituti magistrali, nei licei scientifici e classici. Ho fatto parte di
commissioni concorsuali, dove ho potuto toccare con mano il basso livello di
competenza di molti candidati, che, per ragioni davvero incomprensibili,
superavano comunque il concorso. Lei mi chiede se: “Vogliamo introdurre un
?valutatore di carisma? O di fascino nella selezione del personale docente?” Le
rispondo. Assolutamente sì. Come avviene in qualsiasi colloquio di lavoro, dove
chi si presenta viene sottoposto a un test di personalità per verificare, per
esempio in una casa editrice, se il candidato è abbastanza ossessivo e quindi
idoneo a fare il correttore di bozze. (..). Da ultimo lei si è accorta che nei
licei si è rinunciato alla formazione dei giovani, giudicati solo sulla base
della loro prestazioni oggettive che fanno media matematica, per cui alla fine
del quadrimestre uno si trova in pagella un 6 che risulta dalla media di
compiti che vanno dal 0 al 3, dal 2 all’8. Ma che idea può farsi uno studente
in questa altalena di voti? E poi, perché non si fanno più temi, ma solo la
comprensione di un testo scritto con un voto a scalare per ogni parola
incompresa? Forse perché in un tema si esprime la soggettività dello studente
che non è valutabile in termini oggettivi, e magari obbliga l’insegnante a
tener conto delle condizioni psicologiche dei suoi alunni? Perché, cari
professori, non aprite un libro di Psicologia dell’età evolutiva? Forse
capireste perché Freud, già nel 1909 scriveva: “La scuola deve fare qualcosa di
più che spingere i giovani al suicidio, e suscitare l’interesse per la vita che
si svolge fuori nel mondo!”. Sembra che i giovani questo interesse oggi lo
avvertano appena escono da scuola. Come mai?
umbertogalimberti@repubblica.it
- Donna di Repubblica – 11 febbraio 2017 -
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