Quanti Homeless del
Bronx si possono
sfamare spendendo 500 dollari in un McDonald’s? La catenafast-food propone un
ventaglio di prezzi da ,49 dollari per i Chicken Mc Nuggets (pollo) a 8,49 per
un maxi-hamburger con patatine e bibita. Facciamo una via di mezzo, con 5
dollari ti sfami, 500 dollari pagano il pasto a 100 senzatetto. È la scena che
m’immagino ripetersi per molte sere nel Bronx. A pagare il conto è una Visa con
su scritto Federico Rampini, proprietà la Repubblica. Strano sogno? Il fatto è
che qualcuno mi ha rubato elettronicamente (clonato) la carta di credito di
servizio, quella che Repubblica dà ai giornalisti per coprire spese di lavoro
come voli e hotel durante le trasferte. Poi ha cominciato a usarla tutte le
sere, sempre nello stesso McDonald’s del Bronx. Partito da 300 dollari, è
arrivato a 500. Ha sperimentato la variante Burger King, poi è tornato al suo
junk-food preferito. È la ragione per cui, quando ho visto quegli addebiti
sull’estratto conto, ho capito che era truffa. Non metto piede in un McDonald’s
da 30 anni. L’ultima volta coincise con la mia – prima e ultima – ulcera. I
medici lo dicono da decenni, Michelle Obama ne fece una missione: il fast food è
tra le cause dell’epidemia di obesità, diabete, malattie cardiovascolari, che
colpisce gli americani soprattutto poveri (e chi nel resto del mondo si lascia
contagiare). Ma della frode mi accorsi tardi: un mese dopo che era cominciato
il banchetto da McDonald’s. Non verifico continuamente gli addebiti sulla Visa
di servizio, ero abituato a fidarmi dei loro controlli di sicurezza. In casi
simili in passato bloccavano subito la carta di credito clonata, stavolta i
controllori hanno dormito. Per loro forse mi stavo suicidando, tutte le sere in
un fast-food a ingozzarmi di cento hamburger? O in alternativa puntavo a farmi
licenziare per abuso evidente? Ho imparato qualcosa. Primo: controllare spesso
gli estratti conto online, mai fidarsi che le banche facciano il loro dovere.
Secondo: purtroppo il ladro non è un Robin Hood che rubava a Repubblica per
sfamare gli homeless, bensì un furbo con un complice disposto a “strisciare”
ogni sera sulla macchinetta della carta di credito dei conti improbabili.
Terzo: in queste frodi è complicato ricostruire chi paga. Il ladro la fa franca
al 99%, nessuno ha interesse a fare indagini serie. Tanto, in apparenza siamo
tutti protetti. Io sono l’ignara vittima del furto elettronico, ma la carta non
è mia, è dell’azienda che mi dà lavoro. L’azienda non ci rimette perché le Visa
hanno un’assicurazione anti-frode, purché l’illecito sia denunciato entro 60
giorni. La Deutsche Bank italiana, che emette le nostre Visa aziendali, a sua
volta è assicurata. Ho scoperto qui un piccolo segreto quando ho protestato con
la banca per l’inefficienza dei controlli. La Deutsche Bank non fa neppure
vigilanza in proprio. Il loro servizio anti-frode mi ha rivolto le sue scuse e
ha promesso di indagare, presso la società esterna a cui hanno delegato anche
questo mestiere. Le banche fanno sempre più outsourcing, magari a qualche
ufficio in India o nelle Filippine. Alla fine, insomma, chi paga? I clienti, perché
il costo delle mega-polizze assicurative viene spalmato sempre su gli stessi.
Gli unici che in questa storia non c’entrano sono gli homeless. Il mio sogno su
Robin Hood era un po' diverso: il junk-food non andrebbe augurato neanche a
loro. Quando mia moglie Stefania va con la Comunità di Sant’Egidio a
distribuire pasti a decine di senzatetto che dormono a Central Station, il
pasto è fatto di minestre calde di verdure preparate in casa dalle volontarie,
panini con insalata e formaggio. Essere povero non è una ragione per farsi
avvelenare.
Federico Rampini – Opinioni – Donna di Repubblica – 18 febbraio
2017 -
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