Regola Ferrea della politica: i rapporti di forza.
La conosce bene e la applica ancor meglio Matteo Renzi. E la subiscono con
nervosa rassegnazione dissidenti interni al partito, alleati di governo e nazareni
di complemento. (..). Da Roma allora siamo andati in Spagna, con il nostro
Alessandro Gilioli. Per capire invece che cosa c’è dietro Podemos, il partito
nato appena un anno fa, dato in inarrestabile crescita dai sondaggisti. (..),
alla ricerca di nuove identità e nuovi
volti di sinistra: il madrileno Pablo Iglesias come il vincitore
ateniese Alexis Tsipras. Con una sorpresa: gli spagnoli di Podemos studiano Antonio Gramsci e inseguono
quell’egemonia culturale teorizzata dal fondatore del Partito comunista italiano. Bisogna ribaltare l’egemonia
culturale teorizzata dal fondatore del Partito comunista italiano. Bisogna
ribaltare l’egemonia, è una delle loro frasi preferite. Bravi come sono a
comunicare con gli elettori spagnoli attraverso nuovi e vecchi media. Una Prassi –
comunicare la politica – nella quale eccelle il nostro Renzi. I rapporti di
forza in questa fase sono tutti a suo favore. Dall’elezione del nuovo inquilino
del Quirinale alle riforme istituzionali del Quirinale alle riforme
istituzionali, passando per il Jobs Act con l’articolo 18 ridotto a pezzettini, il premier-segretario procede
con una determinazione e un’energia che spaventano gli oppositori (..) ed
esaltano i soccorritori del leader vincente, (..), l’inelegante baratto
proposto dal senatore ex grillino Lorenzo Battista). (..) . Il Voto di Martedì 10 Marzo a Montecitorio ha rappresentato un passaggio importante per il
governo. Al netto del solito psicodramma dentro il Pd, del voltafaccia di
Berlusconi riabilitato, che pure è coautore della riforma, e del plateale
abbandono dell’aula da parte dei deputati 5 stelle. L’iter parlamentare, come
si sa, non è concluso: Le modifiche della Costituzione – e che modifica, in
questo caso- richiedono doppia lettura,
per evitare colèi di mano di chi detiene al momento la maggioranza
parlamentare. Ma il messaggio è chiaro: è in atto quel cambiamento che nessuno
ha avuto il coraggio di osare. Un Paese più semplice e più giusto – annuncia un
tweet renziano – sembra a portata di mano. Eccolo in Azione il populismo riformista del premier.
Quella miscela frizzante di speranza e interventi che ha depotenziato il
populismo incattivito di Grillo e spinge Salvini sempre più verso il rinnovato fascismo
europeo. L’eterogenesi dei fini: per esorcizzare il fantasma che si aggira in
tutta Europa – che di nazione in nazione prende forme anti-istituzionali e
antagoniste – il nostro premier deve dar corpo a una leadership popolare e
populista capace di procurargli consenso ampio, mantenere un segno di sinistra
e sfondare nell’elettorato orfano di Berlusconi. Progetto complesso quanto
preciso, ben delineato (..). Il partito di Renzi – pur tra le inevitabili –
contraddizioni, in special modo quando da Roma ci si trasferisce nei territori:
la Campania ne è il concentrato – punta alla sua egemonia culturale. Per ora
non si intravede spazio politico per altri competitori. Men che mai a sinistra,
(..), nonostante la Boldrini, Landini e i pezzi di apparato dei fatui partitini
di quell’area. Piaccia o meno, qui non Podemos. O no?
Luigi Vicinanza – Editoriale www.lespresso.it
- @vicinanzal - L’Espresso – 19 marzo
2015 -
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