E’ tempo di “estremo Occidente”? Tra guerra in Ucraina,
tragedia mediterranea, crisi greca altro destino non può augurarsi l’Europa che
sopravvive tramontando? La speranza che la sua antica fame di conquista, dopo le
immani catastrofi provocate nel Novecento, sapesse “convertire” la propria
energia in volontà di liberazione di ogni popolo e di ogni cultura, nel
riconoscimento dei tempi diversi che ciascuna esprime, da servitù e miserie,
sembra difficile oggi anche da immaginare. (..). Che cosa collega quelle tre
grandi crisi, che accerchiano l’Europa e ne minacciano anche l’unico “valore”
cui negli ultimi decenni ha affidato le proprie sorti, e cioè il pilastro
dogmaticamente assunto della stabilità economica-finanziaria? L’aver concepito
il processo unitario in termini essenzialmente centripeti, ogni suo
allargamento come “integrazione al centro” di elementi diversi. Sulla base di
misure, metodi e forme uguali per tutti. (..). L’Europa Si E’ Andata, invece, statalizzando,
“concentrandosi” nelle sue capitali, sedi dei suoi enfantiaci apparati
politico-burocratici. E difendendosi
in esse. Ha concepito i suoi stessi allargamenti in termini meramente
mercantili e come rafforzamento del suo limes
nei confronti di ciò che ha continuato ad avvertire come minaccia. Come
pensare, infatti, di integrare a sé tante nazioni dell’Est europeo senza
contestualmente, anzi, preventivamente, ridefinire strategicamente le relazioni
con l’impero russo? (..) L’Agenda Andrà Certo definita in tutti i suoi aspetti tecnici. Ma fin d’ora si sappia che è
pura illusione una potenza europea
“circondata” da Russia e Turchia, e che proprio il realismo politico impone di
riconoscere che solo questa Europa futura
sarebbe in grado di affrontare anche la tragedia medio-orientale e
mediterranea. Il naufragio di una politica mediterranea, la drammatica crisi
dei rapporti con la Russia, le difficoltà e gli ostacoli nelle trattative con
Istanbul, sono prole della stessa impotenza, ovvero di una visione conservatrice dell’unità europea, che
pretende di mantenere la propria stabilità interna e difendere il proprio
“benessere” illudendosi di evitare il “contagio” con conflitti e contraddizioni
che ormai ha in house. Quando non li
affronti dissennatamente, come in Siria e in Libia, spianando la strada al
sedicente Stato Islamico. E non è forse la medesima paura del “contagio” ad
aver reso impossibile la soluzione tempestiva della crisi greca? Anche Atene è
estranea all’Europa, come si continua a ritenere lo sia l’Islam? Anche di Atene
potremmo fare a meno come di Mosca e Costantinopoli? Il calcolemus economico-finanziario deve esserci, ma se esso non ha un
fine, se esso non è orientato all’unità politica, ad Atene, nell’arcipelago
greco dove è nata, l’idea di Europa compirà senza gloria il proprio evo.
Massimo Cacciari – Parole nel vuoto – L’Espresso – 26
febbraio 2015 -
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