Se dal governo Berlusconi non potevamo attenderci alcun
dibattito costruttivo in tema di diritti civili, per le contraddizioni stesse
che regnavano all’interno della colazione di centrodestra, la mia impressione è
che l’attuale governo stia percorrendo una strada analoga. Spero di sbagliare,
spero si tratti di superficialità, ma è un anno ormai che continuiamo a
ripetere la necessità di portare avanti riforme a costo zero, sulle quali le
uniche uscite pubbliche che questo governo ha fatto sono quasi peggio delle
bottiglie d’acqua che Giuliano Ferrara portò a Eluana Englaro, peggio delle
becere affermazioni di Berlusconi sulle capacità riproduttive di una donna che
viveva in stato neurovegetativo da quasi venti anni. Daria Bignardi
a “Le invasioni barbariche” ha intervistato Marianna Madia, ministro per la
Pubblica Amministrazione e la Semplificazione nel Governo Renzi. L’intervista è
iniziata con una professione d’amore del ministro al suo Ministero:
amministrazione pubblica significa servizi per tutti, amministrazione pubblica
vita quotidiana, significa amare la vita di tutti i cittadini italiani. (..)
Naturalmente è semplice dire a una donna che dovrebbe “fare la madre e non il
ministro (non capisco perché non lo si dica anche agli uomini), ma a quanto
pare è difficilissimo richiamare un ministro che, da ministro, fa di
convinzioni personalissime il proprio modus, operandi. Il ministro Madia ha
perso il padre a 20 anni per una malattia fulminante e Daria Bignardi le chiede se questa
esperienza, proprio perché dolorosa, l’abbia fatta riflettere sul diritto
dell’eutanasia. Il ministro dà una risposta che sul piano privato è ovviamente
rispettabile ma sul piano politico inaccettabile. Dice che il confine tra vita
e morte è complicato da definire e che quando si è discusso di fine vita e di
una eventuale legge – con riferimento esplicito alle terribili giornate che
precedettero e seguirono la morte di Eluana Englaro – lei apprezzò chi
affermava che fosse meglio non fare leggi e lasciare una “zona grigia, affidare
alla comunità del malato il discernimento di quel passaggio così misterioso,
che solo chi ama e ti sta curando può scegliere per il tuo bene e senza che ci
si debba permettere di giudicare quella scelta”. Ma se non c’è una legge,
ribatte Daria Bignardi, come è possibile per i famigliari operare una scelta?
La “zona grigia” di cui parla il
ministro vuol dire anche e soprattutto questo: uomini e donne che, nonostante
le loro volontà quando potevano esprimerle fossero diverse, vivono attaccati
per anni a macchine. (..). Aggiungo poi che la comunità curante fa la scelta
migliore per sé, spesso non rispettando affatto le volontà del malato.
Ministro, la considero persona intelligente ed empatica, ecco perché le dico
che il confine tra vita e morte non è complicato da definire, basterebbe
riconoscere a ogni persona il diritto di deciderlo per sé. Cosa c’è di rigido
in questo? Non è vero che la “zona grigia” lascia libertà alla persona, al
contrario permette al legislatore di intervenire dove vuole o di girarsi
dall’altra parte; è un meccanismo perverso e ricattatorio. E’ un meccanismo
inaccettabile. (..). Di fatto questo governo sui diritti è immobile e
conservatore, fermo per paura di perder voti futuri e spaventato che qualsiasi
posizione netta possa generare malumori. La conseguenza di tutto questo è che
in Italia puoi fare solo ciò che puoi comprare.
Roberto Saviano – L’antitaliano – L’Espresso – 5 marzo 2015
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