Un anno vissuto fortunatamente, quello di Matteo Renzi a
Palazzo Chigi. Arrivato alla Presidenza del consiglio con una classica congiura
di palazzo, smentendo il fedifrago “stai sereno” ricolto a Enrico Letta, Renzi
ha fatto dimenticare, la sua iconoclastia, la sua onnipresenza hanno travolto
le resistenze di chi si era adagiato
sulle mosse felpate e i toni bassi del duo Monti-Letta. Il passaggio di stile e
di modi, più ancora che di contenuti, segna uno spartiacque nella politica
italiana. Per certi aspetti sembra di essere ritornati ai tempi del craxismo
imperante di trent’anni fa. Ma con una differenza sostanziale. (..).
Rincorreva, il nuovo, ma aveva la testa ancora rivolta al Novecento. Renzi Arriva Da Un Altro Pianeta ed è figlio di un’altra epoca. E’ il primo leader politico
senza ideologia né riferimenti politico-culturali. Persino Berlusconi li aveva,
seppure in pillole: un anticomunismo da maggioranza silenziosa unito ad un
neoconservatorismo in salsa italiota, preparato da qualche spindoctor in
circolazione tra Segrate e le redazioni dei suoi giornali. Renzi non ha
retroterra, al di là di uno scautismo da amici miei. E’ un politico puro,
“volpe e lione” quando serve. (..). I primi ad accorgesi della mutazione antropologica
che la vittoria di Renzi imponeva nel partito e nel governo sono stati i suoi
compagni democrat.(..). Messo A Tacere in un modo o nell’altro il dissenso
interno, Renzi è passato a sistemare il secondo forno della sua politica,
quello berlusconiano. Il Cavaliere si era illuso di poter contare sulla
benevolenza del Presidente del Consiglio. Non aveva capito l’asimmetria della
loro relazione. Quando non serviva più, è stato gettato alle ortiche. Mai un
D’Alema o un Bersani lo avrebbero trattato così. Ma Renzi viene da un altro
mondo: vive di tatticismi e si fida esclusivamente del suo giglio magico; fuori
esistono solo nemici o alleati temporanei, utili di volta in volta al
perseguimento di un obiettivo. (..). Anche il M5S, da tempo senza guida e senza
prospettive, ha risentito della forza attrattiva del partito di maggioranza.
Solo Salvini riesce, per ora, a salvarsi. Ma persino il Veneto diventa
contendibile se non si ricompone la faida interna alla Lega. Lo spappolamento
delle opposizioni di fronte ad un governo a guida Pd è lontano anni luce dalla
lotta senza quartiere che gli esecutivi di centrosinistra, soprattutto quelli guidati
da Romano Prodi, hanno dovuto subire. In realtà, è proprio questo il dato
“epocale” della leadership di Matteo Renzi: aver liberato la sinistra di governo da quella
sottile, persistente patina di inferiorità complex, di inadeguatezza al ruolo,
di minorità e inadeguatezza rispetto al Paese reale. Ora è il Pd – grazie anche
al suo leader – che guida le danze. E questo piace immensamente ai suoi
sostenitori, compresi i volontari delle feste dell’Unità con una antica tessera
Pci in tasca.
Piero Ignazi – Poteri&poteri – L’Espresso – 5 marzo 2015
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