Di un ipnotico pomeriggio invernale passato nell’infanzia ad
ascoltare le interminabili votazioni che avrebbero portato Giovanni Leone al
Quirinale riaffiora solamente la voce di Sandro Pertini, allora presidente
della Camera e quindi incaricato di leggere le schede scrutinate. Fra i tanti
Leone, Leone, Leone, capitò anche un Leoncavallo: e Pertini, fulmineo: “Qui c’è
qualcuno che vuol fare i Pagliacci”. Una quota di folklore ha sempre
accompagnato la solennità della cerimonia apicale della democrazia italiana:
l’elezione del capo dello Stato. Del resto, come ha fatto notare Filippo
Ceccarelli, a Roma il Quirinale e la Suburra, il Potere anche sacrale e il
bassofondo più sordido, sono contigui. Indubbiamente, però, l’ultima occasione
è stata quella in cui gli aspetti camascialeschi sono stati più abbondanti. La
copertura mediale pressoché totale ha previsto, oltre alle usuali dirette
televisive, un contorno di live twitting tambureggianti da parte non solo di
giornalisti, commentatori, autori satirici e comuni twittatori, più o meno
arguti, ma anche di grandi elettori e protagonisti. Così si sono amplificati
quei comuni episodi di goliardia parlamentare, come per esempio il singolo voto
vagante assegnato nell’ultimo scrutinio a Lino Banfi. Un sabba semiserio in cui
ha fatto spicco il caso di Giancarlo Magalli. Conduttore televisivo di
collaudatissima popolarità, si è trovato inopinatamente candidato da un
sondaggio aperto a tutti e ha colto al balzo l’opportunità datagli dalla
situazione, e dal situazionismo. Indetto un flash mob ha rilasciato
dichiarazioni, espresso la sua preferenza per un certo candidato e ha anche
concluso con garbo che l’esito a lui favorevole del sondaggio non solo lo
lusingava ma andava considerato significativo: era pur sempre la dimostrazione
della lontananza della politica dalla gente comune e anche dal web (che, si è
scoperto, Magalli frequenta). Dalla politica-spettacolo allo
spettacolo-politica, passando per la Rete: le traiettorie italiane del Banale
sono molto creative.
Stefano Bertezzaghi – Come dire – L’Espresso – 26 febbraio
2015 -
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