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sabato 7 marzo 2015

Lo Sapevate che: Tutti a scuola a 5 anni, la "riforma epocale" che ritorna (e nnon si fa)



A intervalli regolari rispunta la proposta di anticipare di un anno, a cinque anni, l’ingresso dei bambini nella scuola primaria. E’ una specie di ossessione per la ministra Stefania Giannini, la quale condivide con molti suoi predecessori la pericolosa ambizione di passare alla storia con una “riforma epocale” del sistema scolastico. Ma l’ipotesi è apprezzata e appoggiata da molti altri illustri opinionisti, in ultimo Ricardo Franco Levi, sulle colonne del Corriere, con molti argomenti in apparenza di buon senso. Una volta preso atto che l’Italia va accumulando un ritardo grave sui livelli di scolarità nei confronti dei Paesi ricchi e non soltanto, tanto vale giocare d’anticipo, consegnando ai nostri figli un anno di vantaggio sui coetanei di altri Paesi. Si tratta di una soluzione semplice come l’uovo di Colombo, comoda perché non comporta investimenti – è la classica riforma a  costo zero – e popolare, perché consente ai genitori di parcheggiare prima i figli a scuola, vista la cronica insufficienza di posti delle materne. Peccato che, al pari di altre soluzioni facili, comode e popolari, si tratti di una follia, potenzialmente catastrofica per la salute mentale dei bambini. Montagne di studi certificano che anticipare l’età scolastica procura ai bambini assai più danni che vantaggi in termini di stress e di ritardi nell’apprendimento. Del resto, il confronto con il resto d’Europa è indicativo. L’Italia è già uno dei Paesi dove la scuola comincia prima, anche a cinque anni e mezzo, come in Grecia o a Cipro. Curiosamente queste tre nazioni sono anche le prime in Europa per abbandono scolastico, per percentuale di giovani fra i 15 e 29 anni che non lavorano e non studiano, e le ultime per aumento di laureati. All’opposto, da anni le classifiche mondiali sulla qualità e il rendimento scolastico vedono in cima i Paesi scandinavi, in particolare Finlandia, Danimarca e Svezia, dove le primarie non cominciano a cinque anni e neppure a sei, ma a sette anni compiuti. Si tratta anche, guarda caso, di nazioni con alto reddito pro capite, maggior mobilità sociale e minore disoccupazione giovanile. A voler fare una riforma seria, bisognerebbe dunque copiare il modello scandinavo e ritardare l’ingresso scolastico di un anno, al tempo stesso raddoppiando o quasi) la percentuale di Pil da investire nella scuola pubblica. Ma immaginatevi un ministro dell’Istruzione che avanzasse proposte come queste, finirebbe crocefisso a nove colonne. Alla fine i semplificatori vinceranno e sarà il disastro finale. Perché l’Italia così ha deciso di morire : di superficialità.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 27 febbraio 2015 -

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