L’incidente
d’elicottero che in Argentina ha cancellato la vita di tre campioni dello sport
francese, Florence Arthaud, Camille Muffat, Alexis Vastine e di sette altre
persone, ha riaperto in Europa la discussione sui reality
show. Un genere televisivo nato negli anni Ottanta per celebrare l’epopea
dell’individualismo assoluto, mettendo in scena la favola dell’ascesa sociale a
colpi di quarti d’ora di celebrità. Al principio i concorrenti erano tutti
rigorosamente sconosciuti. Nelle prime edizioni del Grande Fratello il miracolo si compiva puntualmente ogni anno, a
volte premiando anche il merito. Ricordo che il giornale mi mandò a
intervistare il trionfatore morale, se non il vincitore della prima edizione,
Pietro Taricone. Armato delle peggiori intenzioni di un giornalista – fare un
po’ d’ironia a buon mercato sull’eroe del momento – mi trovai di fronte a un
ragazzo molto diverso dall’immagine di nerboruto playboy riflessa dallo
schermo: un ragazzo gentile e intelligente, assai simpatico, consapevole dei
rischi di una notorietà troppo facile. Taricone si mise a studiare recitazione
e divenne anche un bravo attore, prima di morire, a 35 anni, schiantandosi col
paracadute. Con il tempo le favole anni Ottanta sono evaporate e i produttori
di reality hanno cominciato a usare vecchie celebrità in cerca di una seconda
possibilità, attori, cantanti, campioni sportivi, ingaggiati su set piuttosto
avventurosi, per mimare una lotta per la sopravvivenza utile a vendere negli
intervalli saponi alla papaya,fuori-strada e barrette dietetiche. Questi show
sono in crisi d’ascolto un po’ ovunque. Perfino in Italia, il Paese più
teledipendente della Terra, l’unico governato per un ventennio da un impresario
tv e dove ancora oggi la scena pubblica è quasi totalmente occupata da un ex
concorrente della Ruota della fortuna (Matteo Renzi), un ex concorrente del
Pranzo è servito (Matteo Salvini) e un ex comico da Festival di Sanremo (Beppe
Grillo). Se la promessa della celebrità per tutti è svanita con la crisi, anche
il gioco del ritorno in scena di vecchie glorie ha cominciato ad apparire
logoro. Così si alza l’asticella del rischio. Accade in fondo anche con i più
innocui talk show, che ospitano ormai soltanto risapute macchinette della
rissa, aizzate dai domatori a superare ogni sera i propri (ampi) limiti
d’indecenza verbale. Nei reality l’avventura diventa più vera, estrema e
pericolosa. E alla fine arriva la tragedia autentica. Filmata su You Tube, dove
tutti possono vederla. Fra quindici secondi. Dopo la pubblicità del sapone alla
papaya.
Curzio Maltese – Il Venerdì di Repubblica – 20 marzo 2015 -
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