Stiamo tornando agli
anni Cinquanta? Ogni tanto, per capire a che punto siamo arrivati, conviene
spegnere le urla dai talk show e passare una sera a teatro. Mi incuriosiva per
esempio capire perché Elio De Capitani, uno dei nostri migliori attori e
registi di teatro, sempre così attento a raccontare il presente attraverso i classici,
avesse deciso di riesumare il Miller di Morte di un commesso viaggiatore. Il commesso viaggiatore è stato il lavoro
che per anni ha identificato l’avventura sociale del ceto medio e il sogno
americano, poi divenuto universale. Il venditore itinerante che girava di città
in città , portando il nuovo modello di vita consumista, il conquistatore, il seduttore,
il messaggero “porta a porta” del verbo neocapitalista. Nell’era di Ebay e
Amazon tutto questo suona polveroso. Ma bastano pochi minuti della versione di
De Capitani per capire che in realtà oggi siamo tutti diventati commessi
viaggiatori, qualunque mestiere facciamo, qualunque mezzo di trasporto usiamo,
l’auto o l’aereo o internet o la televisione, siamo ruffianeschi e affabulanti
venditori porta a porta di merci e in particolare di una: noi stessi. Gli
etichettatori delle nostre esistenze lo chiamano personal o self branding. Non cerchiamo più davvero la simpatia
provando a vendere noi stessi al capo o ai colleghi, a quella donna o
quell'uomo, perfino ai nostri figli. Anzi, neppure noi stessi, ma un’immagine
solida, accattivante, vincente, che non corrisponde poi alle nostre crescenti
debolezze e angosce. Perché siamo sempre più insicuri, meno riconosciuti e
riconoscibili. Abbiamo perduto certezze. Dignità. Ora che molti diritti sono
messi in dubbio dalla crisi, ci rendiamo conto di quante lotte nel passato non
si spieghino con le rivendicazioni economiche. Erano battaglie di dignità. Così
come, al contrario, gli strateghi aziendali spiegano che prima di attaccare i
livelli salariali, è utile aggirare l’ostacolo puntando sui diritti. Una volta
tolta la dignità a un lavoratore, anche con una piccola imposizione, per
esempio limitando la pausa mensa, più tardi gli potrai togliere tutto il resto.
Willy Loman, si fa prestare ogni mese i soldi da un amico non perché abbia
bisogno di un salario, ma per fingere davanti alla propria famiglia di avere
ancora una dignità di lavoratore, socialmente riconosciuta. Di essere ancora in
corsa per diventare “il numero uno”. Perché soltanto i primi contano. Morte di un commesso viaggiatore è stato scritto nel ’40 e non è mai stato
tanto attuale. Lo spettacolo di Elio De Capitani, che girà l’Italia, non è
soltanto uno dei più belli della stagione, ma un’occasione unica per guardare
nel cuore di tenebra della nostra società.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 6
marzo 2015 -
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