La dissoluzione della Libia fa risaltare l’inconcludenza
dell’Europa. Di fronte alle minacce dell’autoproclamato Stato islamico – tanta
propaganda, altrettanta insicurezza – le potenze del Vecchio Continente hanno
reagito come sanno meglio fare in queste circostanze: ciascuna per proprio
conto. Dunque, nulla di concreto. Così, se quindici giorni fa sembrava
imminente un improvvisato intervento militare sull’altra sponda, ora tutto è
rinviato alla complessiva trattativa Onu. (..). Intendiamoci ha fatto più che
bene Renzi ad ancorarsi alla realpolitik frenando le voglie interventiste del
ministro degli esteri Gentiloni e della sua collega alla Difesa Pinotti.
Tornare, cent’anni dopo, a Tripoli bel suol d’amore sarebbe, ed è, impresa
tragica e sciagurata. Al tempo stesso avvilisce l’assenza in questa crisi
libica di un pensiero dell’Europa, di cui invano si ricerca una politica estera
e una difesa comuni. Se un decimo dell’impegno profuso per arginare il
“contagio” greco e riportare a più miti consigli le ambizioni socialisteggianti
di Alexis Tsipras venisse speso per studiare una linea di azione comune per
contrastare le violenze delle bande islamiche, forse avrebbe finalmente un
senso sentirsi cittadini europei. Accomunati dai valori di tolleranza, libertà
di espressione, diritti civili. Abbiamo La Moneta Unica, Tuttavia. Ma sempre più spesso
agiamo in maniera divergente. L’Italia, avamposto del fronte sud. ha patito a
sue spese l’isolamento nel fronteggiare gli sbarchi dei disperati provenienti
dalle coste africane. (..). Non Sappiamo Dunque se e come ci sarà una missione militare d’oltremare, ma
sappiamo della inadeguatezza non solo in campo offensivo all’estero, ma persino
difensivo in patria. Lo ha evidenziato il generale dell’aereonautica Leonardo
Tricarico, intervistato nel numero scorso dal nostro Gigi Riva. E ripreso in
un’analisi di Angelo Panebianco sul “Corriere della Sera” di lunedì 23
febbraio. Per anni abbiamo tagliato fondi alla difesa – perché portava consenso
a sinistra ma anche a destra – e ora scopriamo con angoscia che non sappiamo
come difenderci da pericoli potenziali. Mentre tiriamo le somme delle perdite
subite dalle aziende italiane a partire dal 2011, da quando sono esplose le
rivoluzioni arabe (..). La solidarietà tra gli stati europei è durata una
domenica di gennaio quando capi di Stato e premier – anche tanti giunti
dall’Africa – sfilarono gli uni sotto il braccio degli altri per le strade di
Parigi, dopo le stragi di “Charlie Hebdo” e del supermercato ebraico. Poi di
nuovo divisi ciascuno seguendo i propri interessi. Se dovessimo abbozzare un
quadro delle relazioni tra gli stati europei in questi agitati due mesi
dell’anno, si delinea un forsennato attaccamento al valore dei soldi rispetto
ai valori delle idee. Ilvo Diamenti su
“Repubblica” ha raccontato come l’antieuropeismo – alimentato dalla sfiducia
generata dalla moneta comune. stia diventando
sentimento diffuso pressoché in tutti i paesi e come stia mettendo sotto
pressione i sistemi politici di ciascuna nazione. Insomma il più insidioso
attacco all’Europa sembra venire dal cuore dell’Europa stessa. E’ un regalo che
mai avremmo immaginato di poter fare ai tagliagole al di là del Mediterraneo.
Twitter@VicinanzaL – Luigi Vicinanza – Editoriale .
L’Espresso – 5 marzo 2015 -
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