Storia di Zeno
Autistico e geniale
Nessuno ne parla né
aiuta le famiglie dei bambini colpiti da questa sindrome crudele. Ma raccontare
le loro vicende è necessario per comprendere una diversità che è anche un
grande potenziale umano
Ero un bambino solitario, di quelli di cui ci si dimentica la
presenza in casa. Silenzioso nel suo box a parlare con le sue fantasie e i suoi
pupazzi. Con il tempo la mia famiglia iniziò a preoccuparsi per questo continuo
dialogo con me stesso e cercarono in ogni modo di strapparmi alla mia
solitudine per portarmi lontano dalla “fortezza vuota” di Bruno Bettlheim. Con il tempo capirono che non rientravo nello
spettro dell’autismo, ma ne avevo solo alcune caratteristiche che crescendo si
sono molto modificate. Dall’autismo non si può guarire ma assolutamente si può
migliorare e ci si può convivere.
L’autismo è poco raccontato e spesso le famiglie lo vivono
con un senso di colpa drammatico e silenzioso. Ho letto due libri che lo
raccontano: “Supermarket Porno” di Sabrina Paravicini (Gremese) e “L’autismo”
di Uta Frith (Laterza). Ho ascoltato i racconti e letto i blog di Gianluca
Nicoletti e mi sono convinto che parlare di autismo sia necessario. Lo è per
l’oggettiva difficoltà di approccio concreto, per affrontare la gestione di un
figlio autistico. Indifferenza alimentata da profonda ignoranza, basti pensare
che spesso viene utilizzata ancora la psicanalisi lacaniana per
l’individuazione delle cause. Per non parlare della assurda vulgata, ormai
completamente smentita, che siano i vaccini a provocare l’autismo. Secondo Uta
Frith l’autismo è una diversa modalità di percepire il mondo esterno quanto il
proprio mondo interiore prevarica tutto il resto e lo condiziona. Non è un
ritardo mentale, ma una risorsa con molte aree critiche, è per questo che nel
libro ricorre spessissimo l’espressione “intelligenza autistica”.
Prima di Uta Frith erano stati Kanner e Asperger a
osservare casi di bambini “strani” che avevano in comune caratteristiche
estremamente affascinanti. Il fascino dei bambini autistici sta nel fatto di
avere una capacità di “mentalizzare” completamente diversa da chiunque altro.
Modalità intriganti e misteriose che nascondono un’intelligenza particolare,
accompagnata da deficit ma non da ritardi mentali. “Supermarket Porno” è il
titolo, probabilmente fuorviante ma che ha una evidente finalità provocatoria,
di un romanza che racconta l’amore, quello incondizionato di una madre per un
figlio nato senza speranze.
E’ Il Racconto Della
Vita di Zeno, nato
autistico e portato all’eccellenza grazie all’amore della madre. Sabrina
Paravicini ci permette di entrare nel suo dolore di madre toccata dall’autismo
infantile, lo proietta nel futuro verso una storia di eccellenza incredibile ma
plausibile e ci accompagna verso la speranza. Ci racconta di una madre esausta
ma appassionata, di un figlio senza filtri, senza empatia con un’area di
eccellenza professionale ma non personale. Zeno è quello che Uta Frith
definisce un “savant”, cioè un autistico ad altissimo funzionamento, solo il 10
per cento delle persone autistiche può raggiungere queste competenze
eccezionali. Ma Zeno è molto di più, è esattamente l’emblema di questo
meraviglioso e misterioso enigma nascosto nell’autismo, perché è autentico,
ingenuo e schematico e con queste caratteristiche improbabili riesce a
prendersi cura dei suoi pazienti e lo fa con la purezza tipica di una diversa
modalità di linguaggio e di pensiero, quello di chi non ha filtri, né
sovrastrutture, né regole sociali. Si potrebbe riassumere il senso del lavoro
di Paravicini in questa frase: “Quando il dolore non è più sopportabile, non è
più smaltibile, allora non resta che rappresentarlo”. Un’agghiacciante e
affascinante combinazione di innocenza e follia di cui parla anche Uta Frieth,
salvato nei suoi sentimenti dal profondo amore di sua madre, che si immola per
lui, che gli dedica talmente tanto della sua vita da rischiare di impazzire.
C’è la frase di una madre che mi ha colpito al cuore: “Uno
degli aspetti più intensamente crudeli dell’autismo infantile precoce è che ai
genitori diventa chiaro molto lentamente che c’è qualcosa che non va nel
proprio figlio”. C’è qualcosa in questa diagnosi di archetipico, che ricorda le
fiabe che tutti conosciamo: il tema del sonno simile alla morte per un sortilegio,
in Biancaneve come nella Bella addormentata. La morte simile alla vita.
Immagini paradossali ma molto familiari per chi ha a che fare con il disturbo
autistico: quel bellissimo bambino è irresistibilmente vicino, eppure
incredibilmente lontano, fisicamente presente eppure remoto. Capire l’autismo,
aiutare le famiglie significa liberare un potenziale umano incredibile a cui
stiamo rinunciando soprattutto in Italia.
Roberto Saviano – L’Espresso – 5 giugno 2014 –
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