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lunedì 30 giugno 2014

Lo Sapevate Che: Il Vetro Soffiato ...



 Entriamo in un’era senza barbari

Nel mondo ormai globalizzato le varie forme di linguaggio si comprenderanno ovunque. Fino a far sparire quasi del tutto le differenze. E sono le tecnologie a rendere più breve il tempo di passaggio da un’epoca all’altra

Come tutte le settimane anche domenica scorsa è uscita, insieme al “Corriere della sera” la “Lettura”. Questa volta le prime pagine di quel supplemento erano dedicate ad un solo tema: il “post” come elemento che classifica l’evoluzione della storia. Un’evoluzione però sostanzialmente a bassa velocità e a mediocre creatività. E così, tanto per usare qualche esempio, il post-moderno per quanto riguarda la cultura e le sue varie forme: il post-comunista, il post-socialista e il neo-liberista – dove “neo” è analogo al “post” – in politica; il post-illuminismo in filosofia e così via.
Qualche settimana prima “La Repubblica” aveva lanciato e poi realizzato a Napoli dal 5 all’8 giugno il suo “Festival delle idee” concentrando i vari dibattiti e incontri con intellettuali  di alto livello, italiani e stranieri, sul tema “Riscrivere il Paese”. Anche in questo caso si trattava di misurarsi con il futuro ma ad un livello di creatività assai maggiore  e un respiro ed una speranza molto più intesi del “post” e del “neo”.
Riscrivere Comporta innovazioni profonde, nuovi linguaggi tecnologici e culturali, la nascita di un’epoca nuova che emerge dal passato che non viene dimenticato ma neppure rivisitato con qualche aggiornamento. L’approccio al futuro è dunque profondamente diverso tra i due giornali e le pubbliche opinioni che ciascuno di essi rappresenta e alle quali dà voce,
Ovviamente io condivido la visione innovativa di “Repubblica” e l’ho più volte descritta in articoli ed anche in alcuni libri più recenti. In particolare in quello intitolato “Per l’alto mare aperto” che è una rivisitazione dell’epoca moderna iniziata secondo me da Michel de Montaigne e da Descartes e conclusa da Nietzsche, Einstein, Freud, Stravinskji, Picasso e Matisse.
Personalmente considero “post” e i “neo” come gli scarti residuali di epoche moribonde la cui morte definitiva ha richiesto un tempo lungo mentre già fermentano i germogli dell’epoca nascente ancora non visibili nelle nuove forme di cui sono la semenza. Li ho chiamati contemporanei per distinguerli dai moderni e in certi casi “nuovi barbari” senza dare in questo caso alla parola barbaro un significato di selvaggismo ma semplicemente la traduzione letterale di chi parla un linguaggio nuovo e incomprensibile per chi ancora è ancorato a quello dell’epoca moribonda. Alessandro Baricco li ha chiamati nello stesso modo e ha dedicato a questo tema molti libri e rappresentazioni letterarie.
Debbo Dire Che I Tempi di passaggio da un’epoca all’altra si sono molto accorciati e ciò dipende soprattutto dalla nuova tecnologia. Nella storia che conosciamo i passaggi d’epoca avvenivano in tempi assai lunghi. L’agonia della civiltà cretese-minoica richiese a dir poco duecento anni; quella egiziana ne richiese almeno trecento; l’Ellade continuò a sopravvivere per mezzo millennio quando già era politicamente scomparsa ma ancora pienamente vivente come essenza della Roma repubblicana imperiale.
Il declino di quest’ultima è stato probabilmente il più lungo di tutti, almeno per quanto riguarda la storia dell’Occidente. La sua decadenza comincia con la fine degli imperatori. Antonini e Flavi; siamo cioè al primo secolo dell’era cristiana, ma la definitiva scomparsa dopo una lunghissima agonia avviene tra il VII e l’VIII secolo del calendario cristiano, cioè con nascere del medioevo dei Longobardi, dei Celti, dei Franchi, dei Vichinghi. Otto secoli perché una civiltà dai contorni politici, culturali, religiosi si sostituisse pienamente ad un’altra: nuovi linguaggi, nuove classi dirigenti, nuove istituzioni, nuova arte, nuove potenze politiche e militari.
Il mutamento d’epoca che stiamo vivendo sarà sicuramente più breve ma avrà – tra i tanti che ancora ignoriamo – un altro elemento profondamente nuovo: sarà un mutamento globale cioè avverrà non più in certe aree geografiche ma in tutto il pianeta. Le differenze locali resteranno, sia pure con confini diversi, ma l’essenza dell’epoca nuova sarà la stessa in tutto il mondo.
Sarà Un Mondo sostanzialmente ecumenico, con un’economia estesa ovunque, un’attenuazione delle diseguaglianze e un equilibrio pendolare tra l’alternante dominanza dei due valori dell’individualità e della socialità con nuove istituzioni che dovranno rappresentarli. A quel punto i barbari non saranno più tali poiché le varie forme di linguaggio saranno comprensibili e traducibili ovunque. La durata di questa transizione da un’epoca all’altra è cominciata dai primi vent’anni del ventesimo secolo, quindi dura già da cent’anni. Per il pochissimo che può valere la previsione e l’esperienza personale, penso che il ventesimo secolo che stiamo percorrendo sarà ancora dominato dallo squilibrio della transizione ma i primi lineamenti dell’epoca nuova saranno già visibili anche se attraversati da tensioni e contraddizioni profonde. Il nuovo e la sua forma emergeranno probabilmente nel secolo successivo a questo e forse fin dai suoi inizi. Avrà anche un nome, l’epoca nuova, ma il nome si avrà con il suo svolgersi, non c’è mai stato un battesimo per le epoche: sono la loro storia, i loro miti, la loro forma a darglielo e i posteri a conoscerlo. Così è sempre stato e sempre sarà.
Eugenio Scalfari – L’Espresso – 26 giugno 2014

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