In crisi di leader e di
idee l’universo berlusconiano dovrebbe avere il coraggio di affrontare la sfida
dell’innovazione
Cercasi leader disperatamente.
Ma in realtà cercasi partito, cercasi idee. Cercasi tutto. La
forza di Matteo Renzi rende ancor più evidente, oggi, ciò che in realtà è
chiaro orami da tempo: il centrodestra è privo di un’offerta politica efficace.
Congelato in una sua parte nella ridotta personale di Berlusconi e frastagliato
per il resto in piccole formazioni funzionali per lo più a far sopravvivere
leaderini e pezzettini di ceto politico, il centrodestra appare come un pugile
suonato e nelle sue micro-espressioni oscilla tra selfie con Marine Le Pen e stampelle a Renzi, con il partito più
grosso – ma immobile nella sua inutile agitazione – preoccupato solo di
mantenersi in via e dimentico di cosa significhi fare opposizione e con la sua
rediviva componente nordista che grazie al proprio furbo e giovane leader ha
ritrovato un po’ di respiro cavalcando e montando un populismo antieuro
identitario e flirtando, anche lui, con la destra estrema d’oltralpe.
E Così, Dopo Il
Disastro delle
elezioni europee, è stata lanciata dalla rivista “Formiche” l’idea di un nuovo
momento costituente, la Leopolda Blu, e nelle ultime settimane si sono
susseguiti interventi di speranzosi, scettici, propositivi. Dunque? Partiamo
dal leader. I leader non si costruiscono a tavolino. I leader emergono per
forza propria. Possono essere degli outsider e costruire loro stessi una nuova
forza, oppure farsi strada dentro ad un contesto organizzato, un partito,
sfruttando le regole esistenti, forzandole, sfidando i detentori del potere. I
leader arrivano, le situazioni di crisi aprono loro finestre di opportunità, ma
nulla garantisce che quelle finestre saranno attraversate da qualcuno. Un
qualcuno ambizioso e determinato, che abbia una visione, la capacità di
comunicarla e di creare un’identificazione con una parte dell’opinione
pubblica; qualcuno che sappia mostrare una direzione e convincere più o meno la
metà degli elettori della sensatezza dei suoi obiettivi. L’unica cosa che si
può fare per favorire questo arrivo, per aprire la strada a una nuova
leadership, condizione non sufficiente, ma necessaria, della politica
contemporanea, quando il punto di partenza è il deserto, è depositare l’humus
adatto, organizzare il contesto che possa divenire palestra, luogo di crescita
e competizione.
Per Questo La Parola “Leopolda” non convince per il
centrodestra, perché quella è stata un’esperienza prodotta da un aspirante
leader per costruire il proprio percorso dentro a un partito in crisi. Nel
centrodestra il leader del futuro non è ancora apparso e nemmeno esiste il
luogo ove lanciare la propria sfida. Ma “sfida” rimane la parola chiave e
questo è forse l’elemento evocato dall’esperienza della Leopolda valido anche
per chi vuole ricostruire la destra italiana. Ma come?
L’idea di primarie comuni tra le varie componenti non
convince. Da una competizione tra populisti nordisti o sudisti, pasdaran di un capo
carismatico che fu, raccoglitori di consenso secondo le vecchie logiche
democristiane, governativi a prescindere con nostalgie clericali fuori tempo,
non si capisce cosa di buono potrebbe uscire. E comunque è noto che Silvio
Berlusconi non ha nessuna intenzione di togliere volontariamente la propria
ipoteca dalla destra italiana e anche se a qualche sorta di consultazione
diretta si dovesse arrivare, questa sarebbe viziata dalla sua volontà di
rimanere, anche per interposta persona, il
dominus.
La Sida, Perciò, può essere pensata solo come una
sfida ai partiti e ai partitini personali o oligarchici che ingombrano il
centrodestra rendendolo impraticabile, con le loro pratiche di conservazione di
micro o macro potere e le loro varie idee che nulla hanno a che fare con
un’ispirazione liberale e repubblicana. Con questo ceto politico la destra
italiana, una destra liberale e aperta, non una destra ammuffita e incline a
cavalcare le paure piuttosto che a tramutarle in speranze, non nascerà mai.
Esiste, nel mondo non-di-sinistra, un universo di gruppi
iniziative, associazioni che raccolgono tanti giovani ( e non solo) e le loro
speranze. Forse la sfida può partire solo da lì, una sfida radicale e fatta di
parole di verità, senza compromessi con un ceto politico fallimentare. Che si
coordino, si facciano palestra, abbandonino le logiche dei tanti movimenti
politici giovanili che vivono soprattutto di organigrammi e giochi di potere.
Da questo, forse, potrà emergere una nuova leadership e una nuova classe dirigente.
Non un’inutile Leopolda oggi, ma una speranza domani.
Sofia Ventura – L’Espresso – 19 giugno 2014 –
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