Non è forse più
importante dell’atto materiale della riproduzione saper educare, crescere,
prendersi cura di un bambino, evitandogli magari traumi in famiglia?
La Corte Costituzionale ha dichiarato che il divieto di
fecondazione eterologa è incostituzionale, e i commenti strampalati non si
contano. Il cardinale Ruini: “Non può esistere un “diritto al figlio” perché il
figlio è una persona e come tale non è disponibile”. Ma perché dobbiamo parlare
di diritto e non di amore, desiderio di avere un figlio per crescerlo e amarlo?
Il cardinale ha aggiunto: “Con questa decisione si apre alla
commercializzazione dei gameti maschili e femminili, come pure alla
commercializzazione dell’utero delle gestanti”.
E’ quello che succede, infatti, in tutti i paesi europei dove
è permessa la fecondazione eterologa. Qualcuno ha dichiarato: “Questa sentenza
è un colpo durissimo al sistema famiglia”. E infatti solo in Italia la famiglia
è solida, mentre negli altri Paesi europei è a pezzi. Ma suvvia! Maurizio Lupi,
invece, teme il rischio di un “Far West procreativo”. Ma si può?
Attilio Doni
In alcuni rappresentanti della dottrina e, più in generale,
della cultura cattolica, c’è una vena di materialismo ogni volta che ci si
affida alla biologia per sostenere un principio morale. Il caso della
fecondazione eterologa è uno dei tanti, come se il desiderio di avere un figlio
fosse legittimato dalla provenienza dei gameti maschili e femminili e non dal
desiderio di crescerlo, di educarlo e, come lei dice, di amarlo. Dove è
evidente che, secondo questa concezione, a legittimare una nascita è la
“materia” da cui origina il nascituro e non lo “spirito” che anima la coppia
genitoriale costretta a ricorrere a questo tipo di fecondazione. In questo
senso parlo di “materialismo” e aggiungo che così si difende il “principio” che
legittima solo la procreazione naturale, e non la “persona” che non ha la
possibilità di accedere a questo tipo di procreazione. E questo nonostante Papa
Francesco abbia spostato l’attenzione dei fedeli dalla difesa dei “principi”
alla difesa delle “persone”. A questo proposito, emblematica è stata la sua
dichiarazione: “Chi sono io per giudicare i gay?”, che detto dal supremo
difensore della dottrina, qualche riflessione dovrebbe pur suscitarla, in chi
ha dimenticato il messaggio evangelico che invita a “non giudicare”. Allo
stesso modo, visitando una chiesa alla periferia di Roma, Papa Francesco chiese
alla folla che si era adunata: “Perché siete venuti in chiesa così numerosi?
Immagino per incontrare Dio. Ma Dio non abita qui. Abita presso i bisognosi, i
poveri, i sofferenti,gli indigenti”. Ecco, la grande novità di questo Papa, la
cui intenzione, in questo tempo di accentuata secolarizzazione, non è quella di
raccogliere tutti per ripopolare la Chiesa, ma di aver più cura delle persone
che della dottrina.
E questo in conformità al messaggio evangelico dove leggiamo
che, ai Farisei che biasimavano i discepoli perché, contro la norma, coglievano
spighe di sabato, Gesù risposte: “Il sabato è fatto per ‘uomo, non l’uomo per l
sabato” (Marco 2,23-28).
Ritroviamo lo stesso motivo nella morale Kantiana costruita
sulla sola ragione, là dove il filosofo dice: “La morale è fatta per l’uomo,
non l’uomo per la morale”. Infatti, come osservava anche Aristotele, un conto è
la legge che definisce in generale ciò che è giusto, un conto sono le persone i
cui comportamenti non sono deducibili, come i teoremi, dalla loro conformità ai
principi, perché i comportamenti umani dipendono anche dalle “circostanze” che
l’universalità della legge non prevede, che prescindere dalle circostanze, non
ottempera alla giustizia. Di qui la necessità di introdurre quella che
Aristotele chiama “equità”. Da lui considerata un correttivo della giustizia,
perché applica la legge tenendo conto delle circostanze che non sono uguali per
tutti gli uomini in ogni tempo e in ogni luogo.
Nel caso di coppie infeconde che desiderano un figlio, è davvero
legittimo negarglielo in nome dell’origine biologica dei gameti? Perché, anche
se la materia ha più diritti dello spirito, anche la religione entra in pesante
contraddizione con se stessa. Lo spirito, infatti, non si manifesta nei gameti,
ma nell’amore, nell’educazione, nella cura che si ha per i figli che si è
deciso di mettere al mondo, evitando magari separazioni e divorzi che,
contrariamente a quanto si crede, non passano indenni nella vita dei figli,
perché minano in loro quella fiducia di base così decisiva per la loro crescita
e integrità psichica.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 21 giugno 2014
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