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sabato 28 giugno 2014

Lo Sapevate Che: Per Fare Un Figlio L'Amore Conta Più Della Biologia...




Non è forse più importante dell’atto materiale della riproduzione saper educare, crescere, prendersi cura di un bambino, evitandogli magari traumi in famiglia?

La Corte Costituzionale ha dichiarato che il divieto di fecondazione eterologa è incostituzionale, e i commenti strampalati non si contano. Il cardinale Ruini: “Non può esistere un “diritto al figlio” perché il figlio è una persona e come tale non è disponibile”. Ma perché dobbiamo parlare di diritto e non di amore, desiderio di avere un figlio per crescerlo e amarlo?
Il cardinale ha aggiunto: “Con questa decisione si apre alla commercializzazione dei gameti maschili e femminili, come pure alla commercializzazione dell’utero delle gestanti”.
E’ quello che succede, infatti, in tutti i paesi europei dove è permessa la fecondazione eterologa. Qualcuno ha dichiarato: “Questa sentenza è un colpo durissimo al sistema famiglia”. E infatti solo in Italia la famiglia è solida, mentre negli altri Paesi europei è a pezzi. Ma suvvia! Maurizio Lupi, invece, teme il rischio di un “Far West procreativo”. Ma si può?
Attilio Doni

In alcuni rappresentanti della dottrina e, più in generale, della cultura cattolica, c’è una vena di materialismo ogni volta che ci si affida alla biologia per sostenere un principio morale. Il caso della fecondazione eterologa è uno dei tanti, come se il desiderio di avere un figlio fosse legittimato dalla provenienza dei gameti maschili e femminili e non dal desiderio di crescerlo, di educarlo e, come lei dice, di amarlo. Dove è evidente che, secondo questa concezione, a legittimare una nascita è la “materia” da cui origina il nascituro e non lo “spirito” che anima la coppia genitoriale costretta a ricorrere a questo tipo di fecondazione. In questo senso parlo di “materialismo” e aggiungo che così si difende il “principio” che legittima solo la procreazione naturale, e non la “persona” che non ha la possibilità di accedere a questo tipo di procreazione. E questo nonostante Papa Francesco abbia spostato l’attenzione dei fedeli dalla difesa dei “principi” alla difesa delle “persone”. A questo proposito, emblematica è stata la sua dichiarazione: “Chi sono io per giudicare i gay?”, che detto dal supremo difensore della dottrina, qualche riflessione dovrebbe pur suscitarla, in chi ha dimenticato il messaggio evangelico che invita a “non giudicare”. Allo stesso modo, visitando una chiesa alla periferia di Roma, Papa Francesco chiese alla folla che si era adunata: “Perché siete venuti in chiesa così numerosi? Immagino per incontrare Dio. Ma Dio non abita qui. Abita presso i bisognosi, i poveri, i sofferenti,gli indigenti”. Ecco, la grande novità di questo Papa, la cui intenzione, in questo tempo di accentuata secolarizzazione, non è quella di raccogliere tutti per ripopolare la Chiesa, ma di aver più cura delle persone che della dottrina.
E questo in conformità al messaggio evangelico dove leggiamo che, ai Farisei che biasimavano i discepoli perché, contro la norma, coglievano spighe di sabato, Gesù risposte: “Il sabato è fatto per ‘uomo, non l’uomo per l sabato” (Marco 2,23-28).
Ritroviamo lo stesso motivo nella morale Kantiana costruita sulla sola ragione, là dove il filosofo dice: “La morale è fatta per l’uomo, non l’uomo per la morale”. Infatti, come osservava anche Aristotele, un conto è la legge che definisce in generale ciò che è giusto, un conto sono le persone i cui comportamenti non sono deducibili, come i teoremi, dalla loro conformità ai principi, perché i comportamenti umani dipendono anche dalle “circostanze” che l’universalità della legge non prevede, che prescindere dalle circostanze, non ottempera alla giustizia. Di qui la necessità di introdurre quella che Aristotele chiama “equità”. Da lui considerata un correttivo della giustizia, perché applica la legge tenendo conto delle circostanze che non sono uguali per tutti gli uomini in ogni tempo e in ogni luogo.
Nel caso di coppie infeconde che desiderano un figlio, è davvero legittimo negarglielo in nome dell’origine biologica dei gameti? Perché, anche se la materia ha più diritti dello spirito, anche la religione entra in pesante contraddizione con se stessa. Lo spirito, infatti, non si manifesta nei gameti, ma nell’amore, nell’educazione, nella cura che si ha per i figli che si è deciso di mettere al mondo, evitando magari separazioni e divorzi che, contrariamente a quanto si crede, non passano indenni nella vita dei figli, perché minano in loro quella fiducia di base così decisiva per la loro crescita e integrità psichica.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 21 giugno 2014

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