Quando un lavoro ben
fatto batte la corruzione
(ma non a costo zero)
Caro Michele, vorrei
raccontarti una storia. Una dozzina di anni fa uno
sconosciuto dirigente
venne assunto con un contrattori a termine –
lo chiamavano spoil system – alla Regione Veneto.
Funzione: dirigente
apicale della Direzione Industria. Un posto di rilievo. La
prima cosa che si trovò sulla scrivania fu una pila di carte dall’aspetto
apparentemente innocuo: la rendicontazione delle spese dell’Eurobic di Rovigo,
ente creato allo scopo di favorire gli start-up aziendali, aiutando le imprese
a svilupparsi. Il tutto finanziato dalla Regione con i contributi dell’Unione
Europea. A una prima, sommaria occhiata, il neovenuto si rese conto di trovarsi
di fronte a una truffa: firme false, presenze taroccate, ricerche e relazioni
copiate di sana pianta scaricandole da generici siti internet. Il dirigente
esitò, chiese lumi, non ne ottenne. Alla fine decise di fare l’unica cosa
giusta: preparò e firmò un decreto di revoca del contributo: Qualche miliardo
di lire, nel frattempo tramutatosi in qualche milione di euro. L’Eurobic di
Rovigo saltò in aria. Ma soprattutto saltarono (sulla sedia) diversi dirigenti
e politici della Regione Veneto. Diversi, non tutti. Ma cosa si è messo in testa,
questo? Il presidente della Regione era allora Giancarlo Galan.
Dalla segreteria generale de
La Regione giunse al dirigente una preoccupata reprimenda. Da
quel momento fu circondato da una cortina di sorda ostilità. Gli unici a
manifestargli solidarietà furono un giornalista del Gazzettino di Rovigo (chissà se avrò fatto carriera…) e l’allora
sostituto procuratore della Repubblica di Rovigo, una donna. Giunto al termine
del contratto il dirigente tolse il disturbo – è il caso di dirlo – e oggi vive
a Roma, dove fa un altro mestiere.
Quel dirigente, ovviamente, ero io. Come direbbe il
maresciallo dei carabinieri in una fiction di RaiUno, “ho fatto solo il mio
dovere”. L’avessero fatto tanti oscuri dirigenti del Consorzio Venezia Nuova,
oggi forse non saremmo qui a piangere sul latte versato nella laguna della mia
amata Venezia.
Giorgio Tamaro
Caro Tamaro, quello che racconti è maledettamente vero, riga
dopo riga, comprese le conclusioni. E aggrava il quadro: perché estende le
responsabilità del malaffare e dello sperpero a una fascia sociale ben più
vasta della vituperata “casta”. Ci sono complicità diffuse e omertà retribuite
che fanno della corruzione il classico “reato ambientale”: fa comodo a troppi,
per quieto vivere o per pavidità, non opporsi. L’altra faccia della medaglia è
però positiva: lascia intendere che il discrimine tra il giusto e l’ingiusto è
spesso nelle mani del singolo, che ha facoltà di accorgersene e di battersi per
il bene pubblico.
Mi rifaccio spesso (scusandomi con i lettori abituali, che ne
avranno le scatole piene di sentirmi ripetere le stesse cose) al “lavoro ben
fatto” dell’operaio Faussone, il protagonista della Chiave a stella di Primo Levi. Personaggio per me paradigmatico,
eroe letterario a tutto tondo. Fare bene il proprio lavoro e il proprio dovere
è la leva magica che ognuno di noi impugna tra le mani: e spesso neppure lo sa.
Michele Serra – Venerdì di Repubblica – 20 giugno 2014
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