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giovedì 19 giugno 2014

Lo Sapevate Che: Chi ha parlato male a mio figlio delle femmine?...




Strano: i più piccoli non sono razzisti, però sessisti sì.
Sarà che certe coese, a volte, si imparano a scuola

“Mamma, invitiamo a cena la famiglia numerosa?”. “Chi?”. “Dai, i numerosi: quelli che han bisogno del pullman per spostarsi tutti insieme”. “Ah! La famiglia con due mamme!”. Nell’economia dell’approssimativa memoria di mio figlio maggiore, la numerosità della prole è ben più rilevante dell’omogenitorialità delle madri, dettaglio trascurabile anche al cospetto di un capiente pullmino color verde pisello. “Kato mi ha dato un pugno”. “Chi è Kato?”. “Il mio amico, anzi nemico, dell’asilo, con gli occhiali rossi. Però dopo l’ho picchiato anche io, Kato”. Kato, oltre a picchiarsi con il mio terzogenito, viene dal Camerun. Agli occhi dei suoi compagni della classe blu, lui è il bambino con gli occhiali rossi. Il colore della sua pelle non rappresenta il primo elemento di riconoscimento. E nemmeno il secondo o il terzo.
Nella mia esperienza decennale con l’infanzia, posso affermare che i bambini non strutturalmente buoni e nemmeno progressisti. Tuttavia vedono il mondo attraverso lenti diverse dalle nostre: considerano irrilevanti cose per noi insolite o bizzarre e giudicano fondamentali particolari per noi insensati e incidentali.
I pregiudizi sono piante velenose che, per attecchire, vanno annaffiate in culla. “Mamma, io con le femmine non ci gioco perché sono deboli”. “Questo quaderno è rosa. Che schifo. E’ da femmine!”. “Stai piangendo come una femminuccia”.Questi beeri sessisti in erba sono quelli di prima. Gli stessi piccoli uomini di mondo che ritengono l’omogenitorialità un fatto acquisito e il colore degli occhiali una discriminante  ben superiore di quello della pelle. Perché esistono, tra i bambini, alcuni pregiudizi che sembrano radicati nella pasta stessa di cui sono fatti. E gli stereotipi di genere vincono su tutti, anche lì, dove pensi di avere messo moltissimo impegno, con l’esempio, le parole e l’educazione, Mi sono chiesta, a lungo, come mai. Poi, un giorno, ho incontrato Irene Biemmi, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Firenze, che ha analizzato alcuni testi di lettura per bambini delle maggiori case editrici italiane e ha pubblicato i risultati della sua ricerca in Educazione sessista, Stereotipi di genere nei libri delle elementari, edito da Rosenberg and Sellier. E mi sono data qualche spiegazione.
Nei libri analizzati dall’autrice, ogni dieci protagoniste femmine ci sono sedici protagonisti maschi. Costoro fanno 50 professioni diverse, tra cui re, cavaliere, maestro, ferroviere, marinaio, mago, scrittore, dottore, poeta, giornalista, ingenere ed esploratore. Le protagoniste femminili, invece, di lavori, ne fanno solo 15, tra cui maestra, strega, maga, fata, principessa e casalinga.
Gli aggettivi riferiti esclusivamente ai maschi, rileva l’indagine, sono: sicuro, coraggioso, serio, orgoglioso, onesto, ambizioso, minaccioso, pensieroso, bruto, avventuroso, autoritario, furioso, generoso, duro, egoista e via così, su questo tenore. Gli aggettivi di appannaggio soltanto femminile sono: antipatica, pettegola, invidiosa, vanitosa, smorfiosa, civetta, altezzosa, affettuosa, apprensiva, angosciata, mortificata, premurosa, paziente, buona, tenera, vergognosa, silenziosa, servizievole.
Povere bambine che possono ambire, da grandi, a fare  la strega vanitosa, o la principessa pettegola. E poveri pure i bambini che, seppur professionalmente ben più fortunati, sono inchiodati ad aggettivi in cui è faticosissimo stare comodi e rilassarsi.
La parità, poveri noi tutti, è ancora vista come omologazione del femminile al maschile, sottolinea Biemmi, e non come possibilità reale di sviluppo e realizzazione per ognuno, nel rispetto delle proprie diversità.
I pregiudizi sono piante velenose che si annidano in cucina, in ufficio, al parco, a scuola e persino nei libri che compriamo ai nostri figli. Sono dovunque, al punto che abbiamo smesso di vederli. Armiamoci di occhiali e cesoie. E rimbocchiamoci le maniche, noi antipatiche e pettegole, ma anche voi, sicuri e coraggiosi.
elasti@repubblica.it  - Donna di Repubblica – 14 giugno 2014

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