L’Italia del
fare,arraffare, malaffare….
Grazie all’inchiesta sul Mose e sul Consorzio Venezia Nuova
all’uopo creato, un italico ventennale arcano è stato svelato. Finalmente
scopriamo qual era “l’Italia del fare”.
Certo, alla luce di fatti e misfatti tanto valeva battezzarla
Italia dell’arraf-fare, del malaf-fare, del contraf-fare. E naturalmente del
grande af-fare per soddis-fare l’ingordigia carnevalesca di appalti, tangenti,
lucri e benefici, rendite da duchi della corona, jet e grand hotel, svelata dai
protagonisti dello scandalo sullo sfondo del ponte di Rialto, o di rialzo
sarebbe il caso di dire, viste le cifre in ballo.
Un Milioncino L’Anno. Non Grandi Opere. Ma grandi affari
– il Mose e anche l’Expo – che uniscono in un campiello di fratellanza politici
locali del Pd e papaveri nazionali di Forza Italia e del fu Pdl. In testa
Giancarlo Galan, doge-gigante del territorio, ben pasciuto, afflitto da beni e
usi assai dispendiosi, per sua fortuna adottato dal Consorzio a un milioncino
di euro l’anno. Ecco cosa vuol dire “fare sistema”.
Armadi e Buche. Un sistema delinquenziale con note
da vaudeville. Se non sono trasferiti in eden fiscali, i denari truffaldini
vengono nascosti dietro agli armadi, come negli anni Cinquanta i ragazzini con
i giornaletti porno, le lolite con i loro diari, i personaggi di Totò e
Pappino. Oppure occultati in bucoliche buche come nei romanzi di Dumas, i
bigliettoni nudi e crudi alla mercé di pioggia, marmotte o gatti, il geniale
nascondiglio è frutto del q.i. del generale della Finanza Emilio Spaziante, tra
l’altro uomo dal tenore di vita smodato, scrivono gli inquirenti, mica un
carabiniere da barzelletta (certo, questi alti ufficiali! Indimenticabile il suo collega Roberto Speciale, che usò
l’aereo di Stato per un via vai di spigole).
Mangiare Il Foglio. Oddio, in fondo i quattrini
sotterrati erano solo duecentomila euro. Briciole per Spaziante e il suddetto
ambientino. Paolo Venuti, commercialista di Galan, alla frase di un collega che
nota la “sparizione di montagne di banconote” sbuffa: “Montagne! E’ sempre
relativo, qualche milioncino di euro”. E non è forse da cabarettismo alla Mr.
Bean e alla Lino Banfi il suggerimento di Franco Morbiolo, presidente del
Consorzio Coveco, a un collaboratore sul punto di redigere un documento
scottante: “Scrivilo su carta mangiabile. Se un giorno arriva qualcuno è
deludibile: no, non sto scherzando”.
Nomi da Presagio. Che dire poi dei nomi dei
protagonisti? Il presidente del Consorzio, burattinaio di tutto, vera furia affaristica
umana, si chiama Giovanni Mazzacurati e, se nomen omen, l’etimologia del
cognome non poteva tranquillizzare. Vale però anche il contrario. Patrizio
Cuccioletta, per esempio, ex presidente del Magistrato alle Acque, non è tipo
che scodinzoli per niente. Ma per mezzo milione di euro depositato in Svizzera,
il conto all’Harry’s bar in occasione del compleanno della consorte, i
soggiorni e lo stage e l’assunzione della figlia, sì.
Magari Cinque . Anche Erasmo Cinque facoltoso
costruttore romano, legato ad Altiero Matteoli, secondo l’ipotesi dei pm e i
verbali di Piergiorgio Baita, ex presidente Mantovani, dirazza rispetto al suo
nome.
Sembra che chiedesse una maggiorazione del 6,5 per cento da
destinare alla politica, non del cinque visto il promettente cognome. Pure
quello del doge Galan, fotografato la notte prima dello scoppio dello scandalo
in grande spolvero con Denis Verdini e Daniela Santanchè alla cerimonia dei
Ciak d’oro, non ha nessuna probabilità di essere l’abbreviazione di
Galan-tuomo.
Denise Pardo – L’Espresso – 19 giugno 2014
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