Il ragazzo col codino
che disse
Podemos ed è stato di parola
Professore precario e
sottopagato, in tre mesi ha scalato la politica spagnola. E ora promette che….
Madrid. Il New York Times l’ha già ribattezzato il Barack
Obama spagnolo. E Pablo Iglesias, 35 anni, leader della nuovissima formazione
politica che sta conquistando Madrid, da Obama ha mutato di certo lo slogan: Yes we can, ovvero Podemos, che letteralmente significa Possiamo farcela. Nato appena
tre mesi fa, il movimento è gia diventato la quarta forza del Paese, riuscendo
a ottenere 1,2milioni di voti, pari all’8 per cento dei consensi, e ben cinque
seggi al Parlamento europeo.
Di bell’aspetto, pizzetto e codino, giacca di pelle e una
moto come mezzo di trasporto, in Spagna Iglesias è già diventato una star:
battuta sempre pronta, dialettica brillante, il professore di Scienze Politiche
dell’Università Complutense di Madrid, figlio di due militanti socialisti
andalusi e con un nonno ucciso dal franchismo, non manca certo di carisma. Ormai,
le trasmissioni televisive fanno a gara per averlo nel loro parterre de rois.
E’ un uomo colto – il suo curriculum di 23 pagine annovera
due lauree e due master - , mai banale, abile provocatore, e anche nei
dibattiti più accesi sa bene come mettere alle corde l’avversario politico, ma
senza mai perdere la calma.
Passando oltre le polemiche e le divisioni interne ai
partiti, ha cavalcato i temi sociali in un Paese ancora in crisi, dove il tasso
di disoccupazione è arrivato al 26 per
cento. Il suo programma più vicino alla sinistra radicale, parla di un’Europa
diversa, di una politica contro la corruzione, a favore di un salario minimo e
del diritto alla casa. Insomma “meno banche e più persone”. Senza tuttavia mai
attaccare l’istituzione comunitaria né chiedere l’uscita dall’euro. Più in
sintonia con Tsipras che con il Front National di Marine Le Pen. Il leader di Podemos sembra lontano mille miglia
anche dalle posizioni dell’olandese Geert, Wilders dal populismo del M5S
italiano, anche se il paragone con Beppe Grillo non è mancato.
A Pablo Iglesias però, da buon studioso di due precettori
dell’anticapitalismo come Tony Hard e Slavoj Zizek, non mancano sapere e
contenuti. E soprattutto non gli piace urlare. Da adolescente milita nel
partito dei giovani comunisti, qualche anno dopo partecipa al G8 di Genova in
veste di no global. Nel 2008 comincia ad allontanarsi dalla tradizione
comunista per avvicinarsi alle proteste organizzate di piazza, partecipando
attivamente al movimento degli Indignatos. E’ lì che si forma e prende corpo in
buona parte il suo fiammante Podemos,
nato nel marzo 2014.
Nei pochi mesi di campagna elettorale Iglesias ha girato la
Spagna con un furgoncino comprato grazie al crowdfunding e pochi euro in tasca.
D’altronde, come lui stesso ricorda spesso, fa il professore con un contratto a
progetto. Insomma, un giovane milleuristas
tra i giovani milleuristas
(spagnoli stipendiati a mille euro). Dopo la vittoria alle europee ha detto
deciso: “Siamo nati per andare avanti e non ci fermeremo”, immaginando già la
prossima sfida politica. Tant’è. Al momento chi vuol parlare con lui deve
mettersi in coda: il suo ufficio stampa è in crisi, in due ricevono fino a 80
richieste al giorno. E non solo dalla Spagna.
Silvia Ragusa – Venerdì di Repubblica – 13 giugno 2014 -
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