Prefetto di Velluto
Avviò il “miracolo” di
Milano. Evitò una nuova guerra civile. Ma fu rimosso e dimenticato. Finalmente
la città lo ricorda
La notizia è che in un’Italia dove si celebra chiunque abbia
qualche merito civile, estetico, canoro o mondano, ci sono voluti quarant’anni
dalla scomparsa per commemorare nel luogo deputato (in prefettura di Milano il
10 giugno) Ettore Troilo: l’uomo che resse la città nel durissimo biennio
1946-’47 e,insieme al sindaco Antonio Greppi, fu l’artefice dell’inizio della
ricostruzione. Magro e non molto alto, determinato quanto sobrio e composto, di
lui nei libri di storia è passata soprattutto “la guerra di Troilo”, titolo di
un articolo dell’epoca e del libro scritto dal figlio Carlo: le trentasei ore
tra la sera del 27 e la mattina del 29 novembre ’47 allorché si arrivo a un
passo dalla guerra civile in seguito alla destituzione di Troilo decretata dal
governo De Gasperi e dal suo ministro degli Interni Mario Scelba.
Troilo è allora l’ultimo rimasto in carica dei 34 “prefetti
politici”, non di carriera, nominati dopo il 25 aprile dall’Amministrazione
militare alleata su indicazione del Cln. Abruzzese, volontario nella prima
guerra mondiale, segretario di Giacomo Matteotti fino al suo assassinio, per
vent’anni avvocato antifascista sotto sorveglianza tra un fermo di polizia e
l’altro, dopo l’8 settembre ’43 è lui a costituire e guidare la Brigata
Maiella, la maggiore formazione militare partigiana del centro sud, che
risalirà combattendo fino al Veneto, l’unica riconosciuta dal Governo italiano
e dal Comando Alleato. La Milano che trova, nominato prefetto quando Riccardo
Lombardi diventa ministro nel primo governo De Gasperi, è una città in
ginocchio: un terzo delle case distrutte, corso Vittorio un cumulo di macerie,
la gente accalcata in baracche lungo i viali, senza combustibile, con una
criminalità dilagante. E’ lui, in interminabili incontri fino a notte fonda in
Prefettura con il sindaco Greppi, gli operai, i disoccupati, i senzacasa, i
sindacati, gli industriali, a risolvere un’emergenza dopo l’altra. E’ l’anima e
il motore della rinascita. Non stupisce che, quando Scelba lo caccia, scoppi
una sommossa popolare. Migliaia di operai bloccano corso Monforte e, guidati
dal segretario regionale Pci Gian Carlo Pajetta, occupano la Prefettura. Camion
di partigiani arrivano da Torino e Genova. Si dimettono per protesta l’intero
consiglio comunale, democristiani compresi, e 170 sindaci della Provincia. La
polizia circonda la zona con cavalli di frisia, autoblindo e mitragliatrici:
Scelba, che la rivolta l’ha messa in conto per procedere alla resa dei conti
con le sinistre, ordina “se necessario” di sparare sulla folla. Solo
l’accortezza, l’equilibrio e il sangue freddo di Troilo, e del generale Manlio
Capizzi comandante militare, evitano la strage.
Troilo la pagherà: la destra lo accuserà di doppiogiochismo,
di aver mosso la piazza per “alzare il prezzo”. Lui si dimetterà sia dalla
carica di Ministro plenipotenziario presso l’Onu dove De Gasperi l’ha designato
sia dal ruolo di prefetto di prima classe: “Per effetto di tale volontaria
rinunzia”, annoterà, “sono forse l’unico ex funzionario dello Stato che non
gode di alcuna pensione”. Rifiuta anche quella di guerra.
Torna a Roma a fare l’avvocato. Quegli anni saranno forse ricostruiti
all’Expo: è sul tavolo del sindaco Pisapia un progetto di Carlo Troilo, figlio
di Ettore, per una mostra “Miracolo a Milano” (copyright De Sica): la
ricostruzione fisica e culturale della città, la riapertura della Scala e della
Fiera, la nascita del Piccolo Teatro. Una stagione convulsa, affascinante e
irripetibile.
Roberto Di Caro – L’Espresso – 12 giugno 2014
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