Il problema del livello dell’0ccupazione – e, quindi quello
della disoccupazione – è anzitutto un problema politico. Plutarco racconta che
Pericle “ propose al popolo che si costruissero grandi edifici e altre opere
che richiedessero molto tempo e vari artefici, affinché colore che rimanevano a
casa avessero non minore motivo di quelli che militavano negli accampamenti e
sulle trireme di trarre vantaggio dall’erario pubblico”.
Svetonio ci ricorda che Vespasiano dette un premio all’inventore
di una macchina per trasportare con poca spesa grandi colonne sul Campidoglio,
ma non fece uso dell’invenzione “prefatus sineret se plebeculam pascere” e,
cioè , che gli lasciassero la possibilità di dar da mangiare al popolino
impiegato in quei lavori.
Possiamo ricordare che in Lombardia, alla fine del ‘700, si
dava lavoro ai setaioli disoccupati del Comasco. Impegnandoli, “a spese del
Pubblico”, in opere di prosciugamento di zone paludose. E la preoccupazione del
Principe per il reddito dei suoi sudditi è riassunta nella famosa frase
attribuita ad Enrico IV di Francia: “Je veux qu’il n’y ait si pauvre paysan en
mon royaume qu’il ‘ait tous les dimanches sa poule au pot”.
Nell’epoca moderna si è affermato il convincimento che il
problema occupazionale sia prevalentemente di natura economica e la sua
soluzione debba essere ricercata nella legge della domanda e dell’offerta.
Cinquant’anni fa Keynes rese evidente l’inconsistenza della
tesi che affidava al libero giuoco delle forze di mercato il “clearing” tra
l’offerta e domanda di lavoro. Di fatto, di fronte ad un’eccedenza dell’offerta
di mano d’opera, non è possibile il ricorso ad una riduzione dei salari
monetari, quale mezzo per sollecitare la domanda, data la loro rigidità verso
il basso; ma, anche ammettendo la possibilità di una loro riduzione, essa
avrebbe come conseguenza una contrazione dei consumi e, quindi, una nuova
spinta alla disoccupazione. (…) Non v’è dubbio che il problema dell’intervento
pubblico nell’economia – sia esso finanziato dal gettito tributario o
dall’indebitamento è anzitutto un fatto politico.
Enrico Cuccia – L’Espresso – 19 giugno 2014
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