Con tutto il rispetto
per i devoti di papa Giovanni Paolo II, qualche osservazione a margine del suo
pontificato, dopo l’onore degli altari
Un grandissimo papa, Giovanni Paolo II, per credenti e non
credenti, e per i fedeli e la Chiesa anche un grandissimo santo. Possibile
dirne male? Al massimo posso permettermi di accennare perché avrebbe potuto
essere ancora più grande e ancora più santo se, oltre a cambiare la storia del
mondo, avesse tentato di trasformare la Chiesa; se l’avesse resa, ad esempio,
meno ricca e meno potente (il Signore inveiva contro i ricchi e i potenti); se
non avesse messo aborto ed eutanasia sullo stesso piano dell’omicidio (Evangelium vitae), e soprattutto del
delitto commesso da Caino, trascurando il particolare che all’origine del
fratricidio biblico c’erano la gelosia, l’ira, l’odio, sentimenti che non
possono essere, ovviamente, all’origine dell’aborto e dell’eutanasia.
Più grande e più santo se non avesse invocato punizioni per
chi pratica l’aborto; se non avesse negato, con formula non suscettibile di
revisione, il sacerdozio alle donne; se avesse detto ai sacerdoti che rifiutare
l’Eucarestia ai divorziati risposati significa mettersi in una posizione
diversa da Gesù, che offrì a tutti il pane spezzato; se avesse riconosciuto che
non è possibile, in base al Vangelo e alla ragione, ritenere peccato grave gli
atti di omosessualità; se avesse riconosciuto la liceità del ricorso ai
contraccettivi artificiali; se ai diritti dell’embrione avesse anteposto i
diritti delle donne; se non avesse creduto in una strana Madonna, Nostra
Signora di Fatima, che avrebbe sacrificato creature innocenti, e si sarebbe
preoccupata delle vittime del comunismo, e non di quelle del nazismo.
Renato Pierri
Le sue perplessità circa la santificazione di Giovanni Paolo
II erano, per motiv diversi, condivise anche dal cardinal Martini che,
richiesto di un parere nel processo di canonizzazione del Pontefice, dichiarò:
“Non vorrei sottolineare più di tanto la necessità della sua canonizzazione,
poiché mi pare che basti la testimonianza storica della sua dedizione seria
alla Chiesa e al servizio delle anime”. Pur riconoscendo che “Giovanni Paolo ii
fu un servitore zelante e fedele della Chiesa”, il card. Martini aggiunse :
“Non saprei dire se abbia perseverato nel suo compito anche più del dovuto,
tenuto conto della sua salute. Personalmente riterrei che aveva motivi per
ritirarsi un po’ prima”. Infine l?Arcivescovo di Milano definì “infelice” la
scelta da parte di Giovanni Paolo II di alcuni suoi collaboratori, oltre a
rimproverargli di aver “trascurato di fatto le Chiese locali, dando eccessivo
appoggio ai movimenti”.
Da parte mia posso solo aggiungere che nonostante
l’esposizione mediatica e i frequenti bagni di folla, Giovanni Paolo II fu un
papa medioevale che non capì quasi nulla della modernità. Subordinando, come
voleva Tommaso d’Aquino, la ragione alla fede, dimostrò una sfiducia radicale
nell’uomo, che non sarebbe in governare se stesso se non attraverso la tutela
della fede. Una fede assunta come “verità assoluta”, rendendo di fatto
impossibile un dialogo con le altri fedi. Con questa premessa, l’ecumenismo con
le altre religioni tanto ostentato si risolveva in un rapporto di buona
educazione.
In ambito morale Wojtyla manteneva una rigidità dottrinale in
ordine ai problemi connessi alla contraccezione (che avrebbe potuto contrastare
l’epidemia da AIDS in Africa), all’aborto, alla fecondazione artificiale, al
fine vita, al divorzio, mascherando questa intransigenza e intolleranza con la
promozione di una religione delle emozioni, che mobilitava i cuori nella
devozione di Padre Pio, della Madonna di Fatima, dei miracoli, dei segni del
cielo, alimentando in questo modo l’aspetto più scadente della fede religiosa.
Attraverso alla teologia della liberazione dell’America
latina che si batteva per il riscatto dei poveri, non esitò a sostenere l’Opus
Dei di cui santificò il fondatore. Sul piano politico, dopo aver dedicato i
primi due anni di pontificato alla causa polacca, non esitò ad apparire sul
balcone col dittatore cileno Pinochet. E a beatificare il cardinale Stepinac,
che pur essendone a conoscenza non disse una parola sui campi di concentramento
in Croazia in cui erano rinchiusi i comunisti della Serbia. Dopo la
dissoluzione della Jugoslavia non esitò a promuovere, con Khol, il
riconoscimento dei due paesi cattolici Slovenia e Croazia, senza riconoscere il
paese ortodosso, e forse comunista, che era la Serbia. Scelte di campo che, a
mio parere, non si addicono propriamente a un Pastore universale. E tutto ciò
sia detto con rispetto, ma anche senza reticenza, per tutti coloro che nutrono
una sincera devozione per Giovanni Paolo II.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Venerdì di Repubblica – 10 maggio 2014
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