Chi ce l’ha con i
burocrati,
fra quelli che esultano per la “violenta lotta alla
burocrazia” proclamata da Renzi (12 aprile), ricordano che l’identica fatwa fu
spesso lanciata da Berlusconi: “La burocrazia è un cancro da estirpare”.
“bisogna combattere l’oppressione burocratica”, e così via. Per non dire del
diluvio di “pacchetti semplificazione” allegati a leggi di stabilità, patti di
legislatura e altri testi sacri. Memorabile la “semplificazione della pubblica
amministrazione” promessa dal duo Brunetta-Calderoli, con roghi e leggi e
simili rituali, presumibilmente celtici. La manovra Tremonti prevedeva di
istituire nel Sud “zone a burocrazia zero”, demandando gli atti amministrativi
al prefetto o a commissari del governo: donde la “prospettiva raccapricciante
di un’Italia a due velocità: federalismo al Nord e accentuazione del centrismo
al sud” (Scalfari, Repubblica, 31 maggio 2010).
Di questi raid antiburocratici, lanciati con grandi clamori a
zero risultati, non resta nulla. Allora come oggi, viene il sospetto che la
loro vera ratio sia mettere nei posti chiave i propri fedelissimi illudendosi o
illudendoci che sappiano miracolosamente “semplificare”. E chi è più fedele del
proprio medico, del proprio commercialista, notaio, vigile urbano?
Ora, la fedeltà al capo è importante (specialmente quando in
fedeltà il capo non eccelle), ma non può sostituire la competenza. Esempio
classico, Michael Scheuer, fedelissimo di Bush II e dunque capo dell’unità
speciale Bin Laden, con sofisticati apparati di ascolto. Peccato che Scheuer
non sapesse l’arabo. Risultato, le intercettazioni c’erano, ma non impedirono
l’11 settembre.
Insomma, bene la lotta contro la burocrazia. Purchè non sia
la scusa per riorganizzare lo Stato in nome di fedeltà, appartenenze e combriccole.
Purchè non sia una “violenta lotta” contro la competenza, all’insegna della
grande sveltezza.
Salvatore Settis – L’Espresso 8 maggio 2014
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