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giovedì 8 maggio 2014

Lo Sapevate Che: Contromano...




I fasti passati di Milano dove i giovani stanno
a  casa e l’Expo è in alto mare

Nella Milano in cui sono cresciuto non lavorare era uno stato d’eccezione e in genere passeggero, per quanto sempre devastante. Sono stato disoccupato a vent’anni per cinque o sei mesi al massimo, fra le dimissioni in fabbrica e l’assunzione a La Notte come cronista, e mi sentivo già un fallito, passavo il pomeriggio a fingere di avere impegni per non dire la verità a mi madre. Fra l’altro, davo comunque gli esami all’università. Oggi a Milano incontro donne e uomini di trent’anni che lavorano soltanto cinque o sei mesi, quando va bene, e sono ormai rassegnati a una vita di precariato.
Milano era il regno delle opportunità, un pezzo d’America in Italia si diceva allora. E ora è una trappola dalla quale i giovani migliori scappano all’estero. Il ceto medio più moderno e vitale d’Italia, il nerbo di una città piena di carattere, si è impoverito e immalinconito come del resto del Pese. I licenziamenti quest’anno in Lombardia sono aumentati del 45 per cento, la cassa integrazione del 78. La capitale del Berlusconismo è diventata il simbolo del suo fallimento. E Milano “vicina all’Europa”, come cantava Lucio Dalla, incarna oggi il disastro dell’Unione. L’ultima storia è quella degli aeroporti. L’Ue prevede 452 milioni di multa per  i pasticci contabili delle giunte comunali di destra, azioniste di maggioranza della Sea  po  ek2015sull’ExHanding. Ma il vero obiettivo della guerra fra l’Ue e gli aeroporti milanesi è la privatizzazione delle società, omaggio all’ideologia liberista dominante a Bruxelles- A pagare il conto finale saranno i 2.300 dipendenti, che hanno già ricevuto la lettera di licenziamento, con la promessa di un altro posto. Quando, dove e quanti, non si sa.
Il Sindaco Pisapia, il migliore capitato negli ultimi trent’anni fra tante macchiette e tele venditori, cerca una soluzione difficile, ma la crisi degli aeroporti è un’altra pesante tegola sull’Expo 2015. A pochi mesi dall’inaugurazione, oltre la metà dei lavori è in alto mare e la magistratura indaga sugli appalti dati alla ‘ndrangheta. Ora si aggiunge il rischio che i visitatori sbarchino in mezzo agli scioperi. Forse era davvero meglio non fare L’Expo, almeno sarebbe rimasto all’estero, come a noi milanesi di lungo corso, il ricordo dello splendore. La città continua a perdere identità e simboli. Da concorrente comunque l’idea che il Corriere della Sera possa traslocare da via Solferino. Eppure qui le persone sono ancora straordinarie, la voglia di fare non manca, le scuole funzionano ancora nonostante i tagli e arriva un terzo di tutti gli investimenti stranieri in Italia . Basterebbe poco per ripartire, un po’ di visione, lo sguardo al futuro.
Curzio Maltese – Venerdì – 1 maggio 2014 -

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