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martedì 20 marzo 2018

Lo Sapevate Che: Storia di una visione che incide sulla fede...


È una confessione molto intima che faccio ad anima viva, e la faccio anche a me stesso, per capire perché nel 1997 ho smesso di andare a Messa, dopo essere andato da solo ad Assisi in una sorta di pellegrinaggio religioso. Ho visitato soprattutto chiese, e sono tornato da questo viaggio un po' saturo di religione. In quel periodo mi capitò di leggere nella sua rubrica la lettera di una ragazza di nome Mary, che mi fece letteralmente a pezzi. La ragazza si lamentava del vuoto che vedeva negli atteggiamenti dei giovani. Mi ricordo che parlava di “oziose fumate di hashish”, e con sdegno diceva che lei non sarebbe stata come loro, che lei avrebbe spiegato le sue ali di gabbiano incontro al sole e avrebbe detto “no” ad alta e forte voce contro ciò che non condivideva. Ricordo ancora la mattina in cui ebbi la mia “visione”. Ero a Sassuolo, fermo al semaforo rosso, e immaginai la scena in cui io volevo fare l’elemosina a quella ragazza. Mi immaginai che la ragazza avrebbe rifiutato la mia cattolicissima elemosina, forse per suo riposto senso di dignità. Ho immaginato che, di fronte a quell’atteggiamento “altezzoso”, “razionale”, io mi sarei arrabbiato con lei; l’avrei violentata! Sì, le avrei fatto violenza, per rabbia, per punirla di aver deriso il mio amore cristiano in nome della ragione. Di fronte a questa visione ho capito cosa c’era dietro la mia frequentazione della Chiesa: voglia di predicare sul prossimo sotto le apparenze dell’agnellino che si comporta caritatevolmente. Ho provato schifo di me. E da allora mi sforzo di comportarmi criticamente, senza cedere, per quanto possibile, a facili sentimentalismi, che non nascondono altro che ipocrisia e risentimento vero le persone veramente superiori, come ben aveva visto Nietzsche quando criticò la morale cristiana. Ecco, questa è la mia confessione. Se vuole mi dica cosa ne pensa.    Lettera firmata

Come anche lei forse avrà sperimentato, la fede affonda in regioni che non coincidono con quelle della ragione (la quale, a sua volta, altro non è che un sistema di regole necessarie per poterci intendere e poter prevedere i reciproci comportamenti, scongiurando così l’imprevedibile, vera fonte dell’angoscia). E siccome queste regioni in cui la fede affonda sono abissali e si confondono con le radici della nostra educazione, con la costellazione dei nostri sentimenti, con il nostro bisogno di appartenenza, di protezione di speranza che non tutto si concluda con la morte, in questo intreccio intricato di radici come si fa a esprimere un giudizio o anche solo un parere? Nei confronti della fede, qualunque essa sia, per le ragioni sopra esposte, l’unico atteggiamento possibile è il rispetto a cui affiderei anche il silenzio. Nel riferire la sua visione lei racconta che, dopo il rifiuto della ragazza di accettare la sua “cattolicissima elemosina”, lei ha sentito il bisogno di violentarla, dopo di che, ripresosi dalla visione, ha concluso che la sua fede e la frequentazione della Chiesa null’altro nascondevano che “la voglia di prevaricare sul prossimo, sotto le apparenze dell’agnellino che si comporta caritatevolmente”. Se questo fosse l’unico senso che la sua visione le propone, le consiglierei di tornare subito alle sue pratiche religiose, perché la religione, come dice la parola stessa, è nata per recintare (re-legere) l’area del sacro, che è quello sfondo indifferenziato caratterizzato dalla massima violenza e dalla sessualità selvaggia, dove il puro e l’impuro, il giusto e l’ingiusto, le regole e le trasgressioni si confondono e si contaminano, e da cui l’uomo si è separato e tenuto lontano (“sacro” è parola indoeuropea che significa “separato”) prima con le regole della religione (precetti e comandamenti), e poi con l'uso della ragione e dei principi che la governano (principio di non contraddizione, di casualità, ecc.). Ma il sacro non è solo esterno all’uomo, è anche interno come suo sfondo enigmatico e buio che può esplodere ogniqualvolta la ragione cede e la religione non lo trattiene. La punizione che lei nella sua visione avrebbe voluto infliggere alla ragazza, per i suoi caratteri che richiamano violenza e sessualità, appartiene all’area del sacro, da cui l’umanità ha cercato di tenersi lontana, percorrendo quel tragitto che l’ha condotta da uno stato selvaggio a uno quasi civile, e da cui ciascuno di noi quotidianamente si difende per evitare di cadere nell’abisso della follia. Il sacro che c abita, siccome non può essere rimsso, agisce comunque. Per questo tutte le modalità (religione compresa) che l’umanità ha ideato per tenerlo relegato nel suo recinto, custodiamole con cura, anche perché, come ci ricorda Kant, “la ragione è un’isola piccolissima nell’oceano dell’irrazionale”. Detto questo, se non le dispiace, il contenuto della sua lettera mi consiglia di non pubblicare il suo nome.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di La Repubblica – 10 marzo 2018 -

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