Fare attenzione a
quello che si mette
nel piatto è una buona idea, purché non si esageri. Il rischio è quello di
sconfinare in un’ossessione che gli specialisti chiamano anoressia nervosa (dal
greco, othos, corretto, e arexia, appetito). È il termine in uso
dagli anni ’90 per indicare un’ossessione maniacale verso il cibo sano e una
corretta alimentazione. “Una definizione non ancora inserita nei manuali
diagnostici, ma che sta prendendo piede”, spiega Silvia Ferrari, psichiatra e
ricercatrice presso l’Università di Modena e Reggio. Come il disturbo che
designa, lato oscuro dell’umano e legittimo desiderio di mangiare con
consapevolezza e responsabilità. Chi si fa prendere la mano rischia di finire
come Carla – nome di fantasia ma storia vera - che a 14 anni ha cominciato a
evitare i grassi per tenere a bada una brutta acne, arrivando a nutrirsi solo
di verdure crude. O come Giovanni, che ha deciso di alimentarsi solo con
frullati proteici fatti con aminoacidi puri ed è finito in ospedale gravemente
sottopeso. “Bisogna evitare di interpretare come malattia comportamenti
accettabili o innocue mane, ma anche di lasciarsi sfuggire segnali”, spiega
Ferrari. Sì, ci sono elementi che fanno squillare il campanello d’allarme: per
esempio, il rifiuto dell’idea che mangiare sia un piacere, l’ossessione del
controllo. Ma, soprattutto il fatto che l’alimentazione sana diventi quello che
gli psichiatri definiscono “un’idea prevalente”. Un pensiero fisso di fronte al
quale tutto passa in secondo piano. Eliminare i cibi considerati non salutari è
un assillo totalizzante che riempie le giornate e toglie spazio al resto.
“Ciascuno individua il suo veleno, spiega Sara Bertelli, psichiatra e
presidente dell’associazione Nutrimente Onlus. C’è chi evita come la peste
grassi saturi, zuccheri o carboidrati, chi s’impegna per sfuggire a residui di
pesticidi e Ogm o controlla la tracciabilità di ogni alimento. Si ratta in
genere di giovani adulti, istruiti e con un reddito che permette di correre
dietro a mode e diktat alimentari. Soprattutto donne, ma anche uomini, “e a
volte”, ricorda Ferrari, “specie nei maschi l’ossessione per il cibo sano va di
pari passo con quella per la forma fisica”. La persona ortoressica in genere è
snella, e corre semmai il percolo di dimagrire troppo. Però, attenzione
l’anoressia è un’altra cosa. E non solo perché chi ne soffre nasconde i propri
rituali, mentre chi mangia sano cerca di far proseliti, e a volte d’imporre le
regole alla famiglia. E può succedere che per mangiar bene si rinunci alla
convivialità, alle uscite con gli amici. Nei casi gravi la giornata ruota
intorno al cibo, ogni acquisto è preceduto da un esame delle etichette, e c’è
chi mangia solo alimenti cucinati nelle proprie pentole. E quando non si
mangia, si parla solo o quasi di che cosa s deve – e soprattutto non si deve –
mangiare. Uno stile di vita intrusivo e pervasivo, che somiglia a quello di chi
soffre di u disturbo ossessivo compulsivo, “con la differenza che chi ha idee
ossessive in genere se ne rende conto”, osserva Ferrari, “mentre l’ortoressico
pensa di essere nel giusto”. Spinto dalla generale passione per il cibo, e,
ancor più dalla moda di test per individuare intolleranze cere o presunte. “Oggi
abbiamo più strumenti per indagare. Ma non è facile verificare la validità delle
informazioni che ci arrivano”, racconta Ferrari. Per questo, alcuni studi
indicano che spesso chi soffre di ortoressia frequenta assiduamente
nutrizionisti e dietologi. E cerca di riprendere il controllo della propria
vita facendo “la cosa giusta”. “Chi è ossessionato dal regime sano sente di
occuparsi di se stesso”, spiega Bertelli. “Percepisce di puntare a un obiettivo
tutto sommato raggiungibile, e grazie all’ipercontrollo sente aumentare
l’autostima”. L’altra faccia della medaglia è l’ansia che si scatena quando non
si riesce a mangiare come si vorrebbe: “Chi si alimenta in modo sano ma
equilibrato sa che non succede niente se ogni tanto si concede uno strappo”,
osserva Bertelli. “Mentre chi entra nell’ossessione non è più libero di fare
eccezioni, se sgarra va nel panico, si sente sporco”. E finisce per ammalarsi
perché sta troppo attento alla salute. Si tratta di certezze difficili da
incrinare, “anche se oggi molti nutrizionisti capiscono quando dietro alla
richiesta di una dieta sana c’è un disagio, e a volte collaborano con uno
psicoterapeuta”, dice Ferrari. Conferma Bertelli. “Questi disturbi si possono
affrontare. Ma non da soli. Bisogna chiedere un supporto psicologico e
riscoprire la libertà nell’alimentazione”.
Paola Emilia Cicerone – Dossier – Donna di La Repubblica – 24
aprile 2018 -
Nessun commento:
Posta un commento