Se la fuga dei cervelli è un male, è
ancora peggio la fuga dei cervelloni. Cioè quelle migliaia di dottori di
ricerca che dopo la laurea hanno continuato a studiare e a perfezionarsi per
altri sei anni e sono diventati dei superesperti. Insomma nelle loro materie
sono il top sul piano nazionale e spesso internazionale. Il loro sbocco
naturale sarebbe l’università. Che però al momento non ha le risorse per dare a
tutti un lavoro all’altezza delle competenze. Risultato, questi giovani
talenti vagano come animo in pena nel Sistema Paese. E prima o poi la maggior parte
emigra. Così, dopo aver investito denaro pubblico per preparare questi
superdottori, li regaliamo ad altri Pasi che li incamerano volentieri a costo
zero. E non si pensi che l’Italia ne produca troppi, perché la nostra
percentuale di addottorati è pari allo 0,6 ogni mille cittadini. Contro i 12,6
della Germania e i 3,7 della Finlandia. Per non continuare a dissipare questo
capitale umano preziosissimo, il primo governo che uscirà da questo
guazzabuglio elettorale dovrebbe avere tra le sue priorità quella di immetterli
immediatamente nella scuola. Senza sì e senza ma. Gli effetti positivi
sarebbero due. Primo quello di dare a questi ragazzi il tempo di trovare una
collocazione adeguata nell’università, nella pubblica amministrazione o nel
mondo dell’impresa. Secondo, porterebbero una boccata di ossigeno ad un sistema
scolastico stremato, demotivato, dequalificato. Un po' come immettere dei
fuoriclasse in una squadra di calcio, o dei grandi solisti in un’orchestra. Può
fare solo bene. A loro e a noi.
Marino Niola – Miti d’Oggi – Il Venerdì di La Repubblica – 16
marzo 2018 -
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