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venerdì 2 marzo 2018

Lo Sapevate Che: Il Medico-star e quelle mani sulle bambine...

175 Anni, Quasi due secoli, è il tempo che i dottor Larry Nasser dovrà trascorrere in carcere. Avendo lui 53 anni sembra altamente improbabile che esca a rivedere le stelle, per quanto incoraggianti siano i progressi della medicina. Larry Nassar era l’osteopata, l’aggiustaossa, che per anni aveva curato prima le bambine aspiranti ginnaste in un club nel Michigan, e poi via via le atlete olimpiche della nazionale americana di ginnastica, che avrebbero conquistato grappoli di medaglie di ogni metallo. Erano terapie che – dopo i silenzi, le complicità, l’omertà del mondo sportivo – sono state smascherate per quello che erano: atroci abusi sessuali su giovanissime. Il dottore le manipolava con particolari metodi, che in questo spazio rifiuto di illustrare. Basterà un dettaglio: qualunque infortunio o dolore le sue pazienti lamentassero, il medico della squadra invariabilmente lo attribuiva alle pelvi, che trattava a mani nude sul lettino dopo aver coperto le gambe delle atlete con un asciugamano per nascondere le sue manovre. Lo sappiano perché si faceva riprendere mentre esercitava le sue pratiche. Centocinquanta ex ginnaste olimpioniche, molte cariche di medaglie, hanno testimoniato contro di lui. Nel bidone della sua spazzatura la polizia ha trovato 39mila file, foto o video di pedopornografia. Il padre di una delle testimoni si è lanciato contro l’allora ex dottor Nassar ed è stato bloccato dagli agenti prima che gli rompesse la faccia. Perché, e come, un torturatore di bambine abbia potuto continuare ad abusare delle sue vittime per anni e le prime denunce siano state ignorate, si spiega facilmente: le atlete che lui aveva in cura, le squadre che lui seguiva, primeggiavano e vincevano. Evidentemente, e tragicamente, era anche un bravo aggiustaossa. Vittorie e successo giustificano, se non tutto, molto. Occhi chiusi anche sugli abusi sessuali su ragazzi da parte dell’allenatore di una celebrata squadra di football, la Pennsylvania State University. Ignorati gli abusi e gli stupri perpetrati dai commissari tecnici Usa sempre nella ginnastica, uno di loro, dopo la condanna, si è tolta la vita in carcere. “Vincere non è tutto, è la sola cosa che conti”, diceva un mito del football americano, Vince Lombardi. E la cultura della vittoria a tutti i costi si sposa con il culto del coach, dell’allenatore, del mister come inspiegabilmente viene chiamato nel calcio italiano. Il coach è molto più di un tecnico che insegna il gioco, mette a punto le tattiche e sceglie le formazioni. Per i più piccoli è una divinità assoluta, un sovrano che decide non della vita sportiva, ma a volte del futuro dei suoi calciatori. Essere scelti, curati, seguiti, esibiti dall’allenatore già a 10, 11 anni in qualsiasi sport, promette attenzione da parte degli scout che le squadre o i club importanti mandano in giro per reclutare promesse in erba. L’esclusione o l’ostracismo del coach comporta amarissime delusioni. Il suo sostegno significa la possibilità di essere accolti nelle università e, via via, nelle squadre di professionisti. Soprattutto per le famiglie disgregate, le madri single, i diseredati, l’allenatore è non solo il surrogato del padre che non c’è, del prete nell’oratorio di una volta, dell’amico adulto: è l’uomo con la chiave d’oro che può aprire la porta del futuro. Se all’onnipotenza del coach si aggiunge la mistica del dottore, le possibilità di abusi diventano spaventose. C’è un solo deterrente, ed è ascoltare le voci delle vittime, Ricordando che nessuna vittoria vale una vita.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica – 24 febbraio 2018 

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