È durata poco la speranza che la fine
della campagna elettorale e delle sue promesse di ricchi premi riportasse il
discorso pubblico alla realtà. I partiti vincitori e gli sconfitti non escono
ancora dalla sala giochi di Palazzo, dove si discutono formule e alleanze,
manovre e contromanovre, s sbrigano regolamenti di conti interni ed esterni.
Presto si ricomincerà a parlare di una nuova legge elettorale, di un’altra
riforma istituzionale. Tuti temi di travolgente interesse per i lavorator della
Embraco che hanno perso il posto, quelli dell’Alitalia che rischiano di
perderlo e di tanti giovani del Sud che non l’hanno mai avuto e hanno votato
Antonio, come diceva Totò, senza ricordare il cognome perché ricordavamo quello
degli altri candidati, Un bagno di realtà servirebbe soprattutto alla sinistra
che è scesa al minimo storico dal Dopoguerra e quasi scomparsa dai luoghi del
lavoro e dell’assenza (10 per cento Pd e 1 per cento di LeU fra operai e
disoccupati. Eppure continua a litigare con passione su leggi elettorali,
alleanze e riforme istituzionali. Intendiamoci, non che siano temi irrilevanti.
Se la sinistra non vuole tornare presto al voto e quindi sparire del tutto in
una prevedibile polarizzazione destra-cinque stelle, prima o poi dovrà dire sì
a una maggioranza guidata da d Maio o da Salvini, salvando le forme. Oppure
lasciare che sia Bruxelles a spiegare al centrosinistra con chi deve allearsi e
per fare che cosa, com’è successo dal 2011 in poi. Sarebbe invece importante
se, al contrario, queste decisioni si prendessero fuori dalle stanze dei
vertici, in mezzo a quel popolo di sinistra che non è affatto sparito, si è
soltanto rivolto altrove. L’Italia non è un Paese in preda a furia reazionaria
e sull’orlo del fascismo. Siamo una nazione dove ceti popolari e medi
impoveriti in larga parte di sentimenti progressisti chiedono un cambiamento
che la sinistra non incarna più e risposte sui temi del lavoro, del reddito,
dell’ingiustizia fiscale, del futuro dei propri figli. La politica dice sempre
che deciderà sulla base dei programmi e non delle convenienze. Ebbene, per una
volta lo faccia. Si è molto ironizzato sulle folli promesse elettorali, in una
nazione schiacciata dal debito pubblico, Tuttavia un pizzico d’utopia non fa
mai male a sinistra e nel guazzabuglio miracolistico proposto nei mesi scorsi
non tutto è da buttare. Qualcosa si deve e si può fare per combattere la
povertà al Sud e lo scontento del Nord tartassato. Una specie di quantitative easing su scala nazionale
per salvare non le banche ma le famiglie in crisi, ecco un’idea sulla quale
lavorare. Con umiltà, coraggio e pazienza, che un tempo erano le virtù della
sinistra italiana.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di La Repubblica –
16-marzo-2018
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