Da un certo punto nella vita sono i
figli a procurarti nuovi amici. Altri genitori che conosci alle riunioni
scolastiche, in vacanza, alla palestra di basket o ai bordi di un campetto di
calcio. Giovanna Dal Lago, una signora di un paese del vicentino, ha incontrato
quelle che sarebbero diventate le amiche e compagne di battaglia in un
laboratorio di analisi mediche, con in mano una stessa condanna. Il sangue dei
loro figli era contaminato da sostanze tossiche che li esporranno negli anni al
rischio di disfunzioni della tiroide, infarti precoci, morbo di Alzheimer. In
particolare una sostanza, la Pfas, sigla per perfluoroalchiliche, un
interferente endocrino presente nella lavorazione di molti prodotti isolanti.
Questo elemento era entrato nel sangue di tutti e cinque i figli di Giovanna, e
in quelli di molte altre, in percentuali da dieci a quaranta volte i valori
tollerabili. Quaranta volte. Non poteva essere un caso. Se è minacciata la vita
della famiglia, allora si rivela la natura di una persona. Quelle di queste
appartate donne della provincia veneta era fatta di coraggio, intelligenza,
senso di giustizia. Così un gruppo di casalinghe, senza conoscenze specifiche e
grandi strumenti economici, ha intrapreso una delle più documentate e
rivoluzionarie ricerche sui danni ambientali mai svolte nel nostro Paese. Hanno
messo insieme rilevazioni del Cnr con studi nord americani ed europei, si sono
fatte aiutare da professori e studenti dell’università di Padova per incrociare
dati e ricerche, fino a giungere a un risultato clamoroso al quale non erano
arrivati giornali e istituzioni, gruppi ecologisti e accademici. Sono riuscite
a provare che l’intera faida idrica da Verona a Padova, grande come il lago di
Garda, è totalmente contaminata dalle Pfas, come pure l’area agricola in
superficie. Non solo, hanno individuato la probabile fonte dell’inquinamento in
una grande azienda, la Miteni di Trissino. Di più, i controlli sono stati
estesi e hanno rivelato inquinamento da Pfas nelle acque di Lombardia,
Piemonte, Toscana, Campania. Ovunque vi siano fabbriche di pellami, pellicole,
mobilifici, isolanti che li usano. Perché la tremenda minaccia delle Pfas è
anche la chiave del loro successo industriale: l’assoluta inerzia chimica. Non reagiscono
con nulla, non s’incollano e non aderiscono, respingono i grassi e l’acqua,
neppure si degradano, non possono essere digeriti né filtrati dai reni e dunque
si accumulano nel sangue, alterano il metabolismo, moltiplicano il colesterolo.
Con queste prove le donne no Pfas hanno cercato di parlare ai governi italiani,
senza successo. Ma non si fermeranno. Andranno a Bruxelles, all’Onu e in capo
al Mondo. Non s’immagina di che cosa sia capace una madre pur di proteggere i
figli. Non solo i suoi, i figli di tutti.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di La Repubblica –
23 maggio 2018 -
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