L’Uomo Deve
Accontentarsi dell’esistente, perché il
trascendente non esiste per definizione. La normalità è che la parola dio
nemmeno esista. Non si può credenti o non credenti, perché la facoltà di
“credere” s’identifica con l’immaginazione e quindi se esiste dio allora esiste
anche babbo natale. Per il principio del terzo escluso esistono solo le cose
che s sanno e quelle che non si sanno. Quanti roghi sono stati accesi per
“difendere” un Flatus vocis? Vorrei
che i cattolici mettessero una mano sul fuoco. Io l’ho fatto e mi sono
istantaneamente convinto della realtà del dolore (questo s che esiste). Dio,
l’anima o la morte sono solo problemi di linguaggio e non hanno realtà al di
fuori del nostro orizzonte psichico. Per quanto riguarda la bestemmia mi chiedo
come può un essere infinito e metafisico, che ha creato l’universo, offendersi
perché paragonato a una sua intelligente e meravigliosa creatura. Un essere del
genere non è plausibile o verosimile che abbia la possibilità di offendersi,
perché questo fatto pertiene solo all’uomo. Se i “credenti” poi sentono offesi
i loro sentimenti chiedo: ma se non può offendersi lui, perché ti offendi tu?
Che senso ha? Sapete quante volte vengono offesi i sentimenti di tante
categorie (purtroppo esistenti) e a nessuno frega niente, mentre o le ritengo
cose piuttosto gravi? Queste categorie non hanno dalla loro le levate di scudi
di vescovi che si adoperano per consolarli, anche se poi sono gli stessi che
dicono che per qualcuno, più uguale degli altri, certe espressioni blasfeme
vanno “contestualizzate”. Lettera non firmata
Quando Si Discutono temi di questa portata bisogna
disporre di un’argomentazione seria e no farsi trascinare dalla propria
convinzione, assunta impropriamente come criterio di verità. Ma andiamo con
ordine.
1.La sua alternativa in base alla quale “una cosa la si sa o
non la si sa” non è una vera alternativa. Potrei chiederle infatti se lei sa e
non sa se vivono altri esseri umani in altri pianeti. Lei mi risponderebbe che
non lo sa. Ma questo suo non sapere non gli impedisce di crederlo possibile.
2. Può darsi che Dio non esista, ma certamente esiste
un’umanità che, nella sua generalità e in tutte le forme possibili, ha creduto
che, oltre alle cose che si vedono come gli dèi o Dio. Questa credenza, anche
se non è verificabile secondo i metodi della scienza (che peraltro sono a loro
volta ipotetici), ha una sua verità che possiamo chiamare “storica”, nel senso
che alcune credenze, vere o false che siano producono effetti di realtà. Come
nel caso della cultura greca che non sarebbe comprensibile senza gli dèi, o la
cultura occidentale che sarebbe impossibile da comprendere a prescindere dal
cristianesimo. E qui non mi riferisco solo alla storia dell’arte carica di
simbolismo cristiano, e neppure alle origini delle scuole e degli ospedali
avviati dalle pratiche cristiane. Persino le crociate e il primo colonialismo,
quello seguito alla scoperta dell’America, per quanto eventi violenti e ai
nostri occhi esecrabili, sono avvenuti nel nome di Dio e hanno fatto storia. A
questo punto, come dar torto a Nietzsche secondo il quale la verità di un’idea
si misura sulla sua capacità di produrre effetti di realtà? E non c’è dubbio
che l’idea di Dio ha prodotto n tutte le culture grandi effetti di realtà.
3. In occidente poi non ne parliamo. L’idea di Dio e la sua
promessa di una salvezza futura ha promosso la scienza che guarda al futuro nel
segno positivo del progresso, la sociologia, anche quella marxista, che guarda
al futuro come al tempo della riparazione delle ingiustizie sociali, la
psicoanalisi che colloca nel passato tutte le negatività nevrotiche e
traumatiche e nel futuro la guarigione. Lo stesso senso comune, ogni volta che
usa parole come “speranza”, “augurio”, “auspicio”, guarda al futuro come a una
promessa in cui sarà possibile riparare i mali del passato. Tutto ciò è
cristianesimo diventato inconscio collettivo della nostra cultura che, per
effetto di questo sguardo ottimistico sul futuro e non per altro, possiamo
considerare la più avanzata della storia.
4. Il problema allora non è quello di discutere se Dio esiste
o non esiste e di pensare di poterlo risolvere nelle strette maglie della
logica binaria che lei utilizza per confortare la sua tesi, ma quello di
chiedersi se Dio è vivo o è morto, se fa ancora storia o se la storia ormai si
muove come se Dio non fosse. “Dio è morto”, annuncia Nietzsche. Dunque un tempo
era vivo e ora non più. Per questo siamo entrati nell’età del nichilismo, dove “manca
lo scopo, manca la risposta al perché”. Il futuro che la fede in Dio garantiva
non è più una promessa, e le ragioni per vivere faticano a trovare un perché,
un senso, una giustificazione.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di La Repubblica – 3 marzo
2018 -
Nessun commento:
Posta un commento