La fisica potrà contribuire a fermare
il terrorismo? È una domanda singolare, ma legittima: secondo Neil Johnson, fisico dell’Università d Miami, il modo in
cui i gruppi di sostenitori dell’Isis si formano, si scindono e spariscono sui
social media è infatti smile a fenomeni come l’ebollizione e la coagulazione. “È
vero che il comportamento di un singolo individuo è largamente imprevedibile.
Ma quando abbiamo vasti insiemi di persone – prendiamo tutti i pendolar in
automobile all’ora di punta – il loro comportamento collettivo, l’ingorgo del
traffico, è paragonabile a quello delle particelle. Ed è quindi possibile
prevederlo approssimativamente secondo le regole della fisica spiega Johnson.
“Se osserviamo una pentola piena d’acqua sul fuoco, e notiamo il formarsi di
bolle sempre più numerose, capiamo che l’acqua sta per cambiare stato. I dati
ci dicono che succede lo stesso per gli attacchi terroristici: se i gruppi
online si formano e si sciolgono a velocità crescente, scambiandosi materiale e
informazioni – per esempio come proteggersi dai droni o dagli infiltrati - questa
escalation tende a culminare in un attacco. Quello dell’Isis a Kobane nel 2015
ha seguito questo “schema”. Secondo Johnson, poi, tutti gli attacchi degli
estremisti – ha studiato anche i gruppi online dell’ultradestra Usa –
seguirebbero la stessa legge: “Una distribuzione esponenziale: ovvero, dopo un
numero costante di attacchi di una certa entità. Se ne verifica uno dieci volte
più grande”. Per studiare i terroristi il fisico ha seguito su Vkontake, il
Facebook russo con 350 milioni di utenti, 196 gruppi online che hanno coinvolto
108 mila simpatizzanti dell’Isis. “Passano dall’essere visibile
all’invisibilità, per poi riemergere. Crescono di dimensione grazie alla
circolazione di materiale propagandistico, ma in media continuando a includere
oltre la metà dei membri di partenza. Identifichiamo questi gruppi assegnando
loro un “Dna” numerico, una cifra per le dimensioni (1 = grande, 0= piccolo),
una per la violenza nei post (1 = alta, 0 = bassa), una che indica la frequenza
dei post (molti = 1, pochi = 0) ogni giorno, e così via. E abbiamo trovato
un’equivalenza capace di descrivere le dinamiche di questi gruppi, che
ricordano la formazione dei cristalli e dei polimeri”. Qualcuno mette in dubbio
l’affidabilità dei modelli messi a punto dal fisico, ma lui non abbandona la
sua ricerca e ne mette in luce un possibile vantaggio pratico. “I nostri dati
dicono che è inutile cercare di identificare in anticipo il “lupo solitario”.
Che di fatto non esiste” dice. “Esistono invece insiemi di persone che
potrebbero produrre quello che sembra un lupo solitario, ed è utile tenere
sotto osservazione questi insiemi perché, anche se non si può individuare quale
specifico individuo commetterà un atto estremistico, si riduce la complessività
del problema dal cercare un ago nel pagliaio al cercare insiemi di aghi”. Ben
più visibili e, dice, meno imprevedibili di quanto si pensi.
Giuliano Aluffi – Scienze – Il Venerdì di La Repubblica – 2
marzo 2018 –
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