Avevamo visto stagiste innamorate chiamare Monica e “pupe”
di Cosa Nostra come Judith Campbell, vittima e amante sia di un boss mafioso
che di John Kennedy a giorni alterni. Ci sono state discipline autiste
dell’esercito, molto care al cuore del presidente Generale Eisenhower, e una
lontana cugna che Franklyn Delano Roosevelt amava portare con sé nella sua
residenza di campagna nello Stato d New York. E proprio quando credevamo di
averle viste tutte, letteralmente parlando, ne letti, nei salottini, sui
divanetti della Casa Bianca irrompe una figura di donna nuova la pornostar. Si
chiama Stephany Clifford, nota ai cultori della pornografia come Stormy Daniels
e in quel su nome d’arte, “Stormy”, la Tempestosa, c’è una minaccia di maltempo
che nessuno dei presidenti americani aveva mai dovuto affrontare. La
trentottenne signora, già attrice in vari film hard e da anni produttrice e
regista di lungometraggi tra i quali uno ambientato nel Far West, non è
l’ingenua regista o la discreta amante di altri tempi. È un’imprenditrice che
ha fatto del sesso la propria industria, e che sta usando Donald Trump come lui
usò lei. Stormy non si atteggia a vittima. Non lamenta molestie, ricatti,
violenze fisiche o psicologiche. Nel 2006 ebbe un rapporto con Donald Trump
perfettamente consensuale e compensato. Né a lei poteva interessare il fatto
che il suo cliente, il signor Trump, fosse sposato e che la moglie, la signora
Melania, fosse fresca del parto di Barron, l’ultimo figlio di Donald. Per lei,
quello che era accaduto con quell’uomo era stata soltanto una prestazione
professionale. Ma dieci anni più tardi, nel 2016, quando il suo cliente sentì
avvicinarsi la possibilità di diventare presidente, quella prestazione
professionale della pornostar acquisì un valore leggermente diverso. Gli
avvocati di Trump l’avvicinarono e le proposero un pagamento di 130mila dollari
per “dimenticare” e per stare zitta per sempre. Stormy accettò, incasso i
soldi, li investì nel Sexy Western che stava producendo e firmò il patto del
silenzio. Ma è una businesswoman, una donna d’affari, e nel contratto del
silenzio lei, con l’aiuto dell’avvocato, scoprì un dettaglio: al documento
manca una firma di Donald Trump, il contratto del silenzio è dunque, per lei,
difettoso e invalido e la signora Tempesta si è scatenata. Sta preparando
interviste a pagamento, documentari. I legali del Presidente stanno
furiosamente entrando e uscendo dai tribunali per ottenere un gag onder, un bavaglio col quale
zittirla, ma per ora senza successo, perché Stormy ha un grande vantaggio a
proprio favore: il tempo. Trump è in trappola dentro la Casa Bianca e la
magistratura penale non ha ragioni per intervenire, e dunque per accelerare i
tempi. E la storia è ormai fuori dal sacco. Nessun tribunale potrà cancellare
le foto della vistosa signora dalle prime pagine dei tabloid sui quali
troneggia da settimane né cancellare il nome dalla Rete, dai social network e
dai quotidiani più autorevoli che tengono vivo il romanzo. L’America ha
perdonato già troppi presidenti, nel passato, per crocefiggere Trump, alla sua
involontaria partecipazione a un porno show, e anche la destra più
ipocritamente bacchettona ha digerito rospi colossali quando ha votato
quell’uomo che si vantava di mettere le mani addosso alle donne a proprio
piacimento. Per ora, la sola punizione sembra quel gelo coniugale sceso fra lui
e Melania, l’elegantissima “convitata di pietra” che sembra non vivere, ma
sfilare come una modella sulla pedana accanto a lui, negandogli il piccolo
gesto del tenersi per mano. Con un figlio di 12 anni, sul limitare della
pubertà, proteggerlo dalle avventure del papà con una pornostar deve essere la
sua preoccupazione principale.
Vittorio
Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica – 24 marzo 2018 -
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