Etichette

martedì 13 marzo 2018

Lo Sapevate Che: Se in giro c'è una pistola prima o poi sparerà...


Scrivo, E Non dovrei farlo, ancora sotto l’orrore di quello che ho visto nelle ore dell’ennesimo mattatoio umano, nel liceo di Parkland, un piccolo paese tranquillo nell’interno della Florida, il 14 febbraio scorso. Ascolto la voce di una donna che ha una figlia di quattordici anno asserragliata dentro la scuola dove uno o più sparatori (si saprà poi che era un ragazzo di 19 anni che era stato espulso dal liceo, ndr) stanno vagando e falciando professori e studenti. La sua voce è un grido, come se la figli, perché a potesse sentirla, perché improvvisamente la ragazza ha smesso di rispondere ai suoi sms e la madre non sa se abbia il telefonino scarico, se sia rinchiusa in uno sgabuzzino senza campo o se sia ferita gravemente o peggio. Scrivo, e per la milionesima volta – forse non esagero – mi chiedo quale malattia mentale, quale forma di demenza abbia afferrato una nazione capace di cultura, generosità, intelligenza che grida ai funerali più di 30 mila volte all’anno: esiste un chiaro, innegabile rapporto fra il numero di armi da fuoco circolanti e il numero di persone uccise. La medicina ci ha spiegato che avere il colesterolo cattivo alto produce malattie cardiovascolari. Ma la più elementare aritmetica non riesce a convincere la maggioranza degli americani votanti che se l’88 per cento della popolazione possiede revolver, pistole automatiche, fucili di precisione, armi d’assalto militari, molte di quelle armi spariranno e cadranno più uomini, donne, bambini sotto i loro proiettili di quanti ne muoiono in ogni altra nazione del mondo. Scrivo (e non dovrei perché scrivere sotto effetto delle emozioni non va bene per chi pretende di un giornalista), ripensando alle mille angosce che mi tenevano sveglio come padre, gli incidenti, le aggressioni, le espulsioni, le droghe, le gravidanze non volute, le famose “cattive compagnie”, l’alcol, l’infelicità, alle quali ora si è aggiunta da nonno la paura che un mattino, come a Columbine. Come a Sandy Hook, come a Parkland, entri a scuola un ex compagno di classe di 19 anni deciso a fare una strage. Scrivo e so che non ci saranno risposte, di una politica che non osa inimicarsi la lobby delle armi che finanzia campagne elettorali a colpi di fucili da guerra che costano appena 500 euro (il prezzo di uno smartphone di medio valore), ma che sarebbe troppo comodo accusare di tutte le colpe. Sono i cittadini, o almeno quelli che vanno a votare, che vogliono il diritto di possedere e portare armi senza limitazioni e ragionano come l’alcolizzato che pensa di uscire dalla propria dipendenza bevendo più whisky. Scrivo guardando la foto di quel ragazzo, Nick, che, se sarà riconosciuto colpevole di una strage, sarà condannato a morte, come prevede la legge della Florida, e si vantava con i compagni e le compagne di possedere un arsenale e casse di munizioni che un giorno avrebbe scaricato contro di loro dopo essere stato espulso senza che nessuno più si occupasse di lui. E che se, invece di chiamarsi Nick, si fosse chiamato Mohammed o Abdul, sarebbe stato chiuso in gabbia. Scrivo con la certezza che scriverò ancora queste stesse cose, che quel totale di diciassette caduti subito sarà un traguardo superato, perché ogni giorno migliaia di quegli stessi fucili semiautomatici volano via dagli scaffali e ora la presidenza Trump ha deciso che anche i sofferenti di disturbi mentali devono avere il sacrosanto diritto di comprarne uno. Devo frenare l’impulso di mettere le dita sul telefonino per chiamare uno dei miei nipoti a scuola e chiedergli se è vivo, perché è proibito tenerlo acceso. Ed è più facile sequestrare uno smartphone che una mitragliatrice, in questa America.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica – 3 marzo 2018 -

Nessun commento:

Posta un commento