Etichette

giovedì 22 marzo 2018

Lo Sapevate Che: La fabbrica delle promesse...


“Se incominci a venire fuori dalla fabbrica cominci a conoscere gli operai, se cominci a conoscere gli operai cominci a conoscere i problemi, se cominci a conoscere i problemi, forse attui qualcosa per risolverli. E allora sì che sei uno di sinistra. Ma se tutto questo non si fa, vuol dire che non sei più di sinistra. Non basta una bandiera per dare dei valori”. Gerardo, 44 anni di cui 18 in Fiat, ha perso. Lui ha votato Liberi e Uguali, discutendo fino all’ultimo minuto di campagna elettorale con i colleghi che hanno votato in massa Movimento 5 Stelle. Quello che faccio con lui intorno a mezzanotte davanti all’ingresso 2 dei cancelli della FCA (Fiat Chrysler Automobiles) di Pomigliano, fu Fiat, fu Alfasud, è una delle analisi della sconfitta più amare di questi giorni del dopo voto. Gerardo ha più tempo da dedicarmi di quanto vorrebbe averne. Da otto anni è in contratto di “solidarietà” (questo mese entrerà in fabbrica solo sette volte, guadagnando, per i giorni in cui rimarrà a casa, il 60 per cento della paga prevista). Si è appena sposato e aspetta un figlio. Davanti a questi cancelli, senza conoscerci, ci siamo stati entrambi nel giugno 2010, allorché Marchionne impose agli operai un referendum per tenere in quello stabilimento la produzione della Panda, anziché delocalizzarla in Polonia, accettando condizioni di lavoro più discutibili di quanto non lo fossero già. Dopo sette anni e mezzo, la situazione sembra la stessa di allora, con esuberi in vista e la speranza di avere presto una Jeep da produrre in futuro. Davanti a questi cancelli, la sinistra non c’è più da tempo, e chi un tempo si affidava a lei ora sta festeggiando in piazza Leone l’arrivo di Luigi Di Maio, profeta in patria con il 65 per cento dei voti ottenuti. Di Maio saluta, bacia e stringe le mani di chi l’ha visto nascere, crescere e stravincere le “prime elezioni post-ideologiche”, quelle che, a dir suo e di più o meno tutte le analisi dei flussi elettorali, avrebbero messo fine alle divisioni tra classi e categorie ordite ad arte negli anni dagli “altri”. E se ridurre le ragioni di un successo all’efficacia della promessa – che tra tutte le mirabolanti promesse elettorali di destra, sinistra e 5stelle è stata giudicata come la più utile e necessaria – è sicuramente miope, non c’è dubbio che sia il reddito di cittadinanza una delle principali ragioni del risultato. “Sono un attivista a cinque stelle” dice Giuseppe mentre mi illustra le qualità della pizza doc da lui cucinata e appena sfornata nella sua pizzeria. “Ho votato Di Maio, ma staremo a vedere. Deve attuare quello che ha promesso, perlomeno il 30 o 40 per cento. Cominciando dal reddito di cittadinanza. Perché altrimenti saremo noi che cacceremo lui”. Governare, qualora dovesse accadere, sarà impegnativo.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di La Repubblica – 16 marzo 2018 –

Nessun commento:

Posta un commento