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domenica 4 marzo 2018

Lo Sapevate Che: Lezioni da Molenbeek. Anche di voto...


“In democrazia ci sono le elezioni libere, in dittatura invece no”, ripete in automatico Patrizia, educatrice di Bolzano radicata a Bruxelles, mentre mi illustra, maneggiando la lente della democrazia e quella della dittatura (due vere enormi lenti utili a ingrandire dei testi scritti sul muro) uno dei tanti “atelier” nei quali ci muoviamo. Lei ha l’entusiasmo dell’insegnante che crede nell’importanza cruciale del lavoro che fa. Io ho il piacevole stupore dello studente che vede spiegati in maniera chiara concetti elementari che sembrano appartenere a materie che la maggioranza non vuole studiare. Siamo al Foyer, centro di formazione, integrazione e recupero giovanissimi e meno giovani di Molenbeek, quartiere di Bruxelles temuto nel mondo per avere ospitato il più noto dei terroristi del Bataclan. In realtà il quartiere si fa vanto delle diversità che lo caratterizzano e gode di una fase di gentrificazione che lo rende ambito dalla borghesia locale e dagli expa qui venuti a “fare l’Europa”. I bambini vengono guidati attraverso percorsi formativi fatti di educazione civica, specchi deformanti e altri strumenti di serissimo gioco utili a evitare gli errori dei grandi. Mentre Patrizia illustra penso a quanto sarebbe utile per troppi adulti nostrani tornare bambini da queste parti, ricominciare da capo lavorando sui propri pregiudizi, esattamente come, contrariamente a quanto il pregiudizio porterebbe a pensare, si fa proprio qui, a Molenbeek. Al Caffè Milano, nel cuore del quartiere, tra statue di Padre Pio, carretti siciiani, foto di Totò, Sordi, la Loren, sulla tv passa il Tg 1 e un’intervista a Maurizio Costanzo che nessuno sta guardando. Gli italiani tornati dai cantieri, quasi tutti con accento del Sud, bevono birra e gocano a carte seduti ai tavolini. Intorno a me, altri italiani, con accento del Nord. Sono gli ultimi casi di migrazione economica dall’Italia fin qui. E sono tutti di origine marocchina. Italiani marocchini migrati in Belgio con figli nati e cresciuti in Italia. Il pregiudizio porterebbe difficilmente a prendere sul serio la loro voglia di votare per il Parlamento italiano, ma con accento bergamasco, Abdrahim e la figlia Raja mi raccontano con fierezza che loro, a differenza mia che devo attendere il 4 marzo hanno già votato. “Un cittadino senza diritto di voto è un cittadino a metà”, sancisce perentorio Abdrahim. “Sono 25 anni che non voto. A me l’Italia non ha dato niente”. Mi dice invece un altro italiano bevendo birra al bancone. Quasi tutti gli “italiani”, mi dice Peppe, venuto qua da Caltanissetta per vacanza e rimastoci per la vita a gestire il bar, hanno già stracciato il certificato elettorale.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di La Repubblica – 2 marzo 2018 -

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