Sarebbe bello poter partecipare al
controverso e affascinante dibattito sull’etica del giornalismo acceso
dall’incursione di Fanpage nel
sistema corrotto di gestione dei rifiuti i Campania. Purtroppo non ne ho
voglia. Dopo aver visto per decenni delinquenti d’ogni tipo non soltanto farla
franca ma scalare i vertici dell’amministrazione pubblica e tornare
puntualmente in Parlamento nonostante processi e condanne, uno tende a
trascurare il galateo deontologico. Se proprio vogliamo proprio buttarla in filosofia, non è vero in assoluto che
l’informazione dovrebbe limitarsi a raccogliere le notizie senza intervenire
sui fatti. Qualsiasi tipo di indagine modifica l’oggetto di studio. Se è vero
per la ricerca scientifica, come stabilisce il principio di indeterminazione di
Heisenberg, figurarsi per un’inchiesta sulla criminalità. Gli agenti
provocatori che favoriscono reati per poterli indagare sono stati usati spesso
nelle inchieste, sia dal giornalismo che dalle polizie. La Dea e l’Fbi li hanno
impiegati per primi, con ottimi risultati, e il metodo è stato copiato da
tutti, compresi noi. In Italia la polizia li usa contro la mafia, ma sono proibiti
nei casi di corruzione politica, guarda caso. Fra i 70 e gli 80 Günter Wallraff, il re dei reportage “sotto copertura”, da cronista
della Bild o da mercante d’armi, era tanto odiato
dall’establishment mediatico quanto adorato da noi giovani cronisti di
sinistra. Perché alla fine il problema è sempre lo stesso. I metodi
spregiudicati del giornalismo o delle questure diventano scandalo quando si
rivolgono contro il potere. Allora scatta l’allarme sociale contro il fake news
e i whistleblower. Quando invece l’informazione sforna menzogne a
vantaggio del potere, dai tempi di Erodoto fino alle armi di Saddam, si tratta
di normale routine. Gli inviati di Fanpage che piazzano
valigette piene di spazzatura mi preoccupano molto meno dei politici che le
agguantano pensando di trovarci mazzette e degli altri che li difendono
accampando un garantismo peloso. Non occorre aspettare il terzo grado di
appello per capire il marcio rivelato dall’inchiesta, l’antropologia avida e
miserabile disvelata dalla telecamera nascosta. Quel familismo amorale in cui è
piombata la vita pubblica italiana, per cui il pater familias De Luca distribuisce alla prole cariche pubbliche come
altri regalano il motorino al compleanno, con l’approvazione di tutto
l’apparato. Per quanto non serva a nulla, da anziano collega vorrei dire ai
giovani e coraggiosi giornalisti di Fanpage soltanto questo:
grazie.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di La
Repubblica – 2 marzo 2018 -
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