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lunedì 27 novembre 2017

Lo Sapevate Che: Tutti possono diventare Batman...



Nel Bombardamento di informazioni, citazioni e buon senso a cu veniamo quotidianamente sottoposti, ogni tanto si impiglia nei capelli e nei pensieri qualche perla di generare riflessioni e sollevare interrogativi. Qualche tempo fa mi sono imbattuta in una di quelle frasi edificanti che abbiamo l’impressione di conoscere da sempre ma di cui ignoriamo la paternità- Diceva più o meno così: “Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre”. Pare che l’autore fosse un teologo scozzese vissuto nella seconda metà dell’800, conosciuto con lo pseudonimo di Ian Maclaren. A colpirmi non fu tanto l’imperativo alla gentilezza che pure considero una pratica virtuosa che andrebbe imposta per legge, quanto il concetto di battaglia come un destino a cui siamo tutti democraticamente condannati, una tassa da pagare in cambio del nostro posto nel mondo. La consapevolezza che ognuno di noi, nessuno escluso, è impegnato nella propria lotta personale è spesso perversamente consolatoria. La scoperta che la tizia bionda con la pancia piatta e il sorriso smagliante che spalanca la portiera del suo Suv travolgendo me e la mia bicicletta, dietro quell'involucro scintillante sta arrancando sfinita alle prese con i suoi mostri interiori (mirabilmente nascosti) regala, seppur con il beneficio del dubbio, un senso di equità e giustizia sociale di cui tutti noi abbiamo un gran bisogno. Ci sono di certo battaglie più ardue di altre ma ognuna attiva con il proprio carico di sofferenza, fatica, incertezza. Ognuna ci tempra, ci piega o ci spezza, a seconda della nostra sorte. Personalmente dei conflitti dei signori biondi e vincenti col Suv mi interessa ben poco. Le battaglie che mi atterriscono, menzionate da Maclaren, che nella realtà si chiamava John Watson ed era reverendo, sono quelle che combatteranno i miei figli e contro cui io nulla, o poco, potrò. Sto uscendo dalla fase dell’onnipotenza in cui per ogni problema possedeva una bacchetta magica in grado di risolverlo. Loro muovono i primi passi là fuori nel mondo e noi, come genitori, abbiamo il dovere, e fprse anche il diritto, di lasciarli andare. Eppure la prospettiva delle loro battaglie e dell’impossibilità di farmi scudo per loro mi affligge terribilmente. Come per le malattie, forse, l’arma migliore è la prevenzione. C’è un episodio del bellissimo podcast Invisibilia (scaricabile gratuitamente ma disponibile solo in inglese) della radio pubblica americana NPR, dal titolo How to Become Batman (Come diventare Batman), che racconta la storia dell’emancipazione di un ragazzo non vedente ma soprattutto spiega scientificamente gli effetti delle nostre aspettative sulle persone che ci circondano. Ribaltando il punto di vista: se i nostri insegnati, genitori, amici, superiori ci reputano intelligenti e capaci, daremo il meglio di noi per essere all’altezza delle altrui aspettative. Al contrario, trattati come stupidi, ci comporteremo come tali. Pertanto, forse, l’unico modo per preparare i nostri figli alle battaglie che dovranno affrontare è dar loro fiducia, rassicurandoli sulla loro abilità di superarsi, considerandoli in grado di fare qualsiasi cosa. Solo così avranno spalle abbastanza larghe per non farsi travolgere dalle intemperie della vita. Possiamo aiutarli ma non tenerli al riparo, possiamo accompagnarli ma non proteggerli. Perché se li riteniamo fragili, inetti, bisognosi di noi, loro lo diventeranno e perderanno. Se crederemo in loro, forse un giorno diventeranno Batman.
Claudia de Lillo – Opinioni – Donna di La Repubblica – 25 novembre 2017 -

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