Nei momenti difficili la maggior parte di noi si rivolge: a
Dio – o a sacerdoti, santoni e guru. La fede dà sollievo. Un luogo di culto
offre sostegno e rafforza l’identità sociale. A volte, però, può anche essere
un luogo di abusi, e Dio aiuti coloro che raccontano la verità. In India un
episodio in particolare è arrivato alla ribalta internazionale. Un eccentrico
santone, che ha anche recitato in alcuni film in cui si presentava come
salvatore o messo divino, è stato finalmente incarcerato per stupro. E si è
scatenato l’inferno. Gurmeet Singh, al secolo Gurmeet Ram Rahim Singh Insaan, è
stato condannato a distanza di 15 anni dalla denuncia. Nel frattempo, il
fratello della vittima e un giornalista sono stati uccisi. Eppure i politici Eppure
i politici sono accorsi a frotte per difendere il guru, compreso il premier
Narendra Modi. Nello Stato in cui risiede, i ministri dell’Istruzione e dello
Sport si sono fatti fotografare sorridenti al suo fianco. Alcuni gli hanno
regalato dei soldi come risarcimento. Dal momento della condanna continuano a
uscire notizie sconvolgenti sul suo conto: arsenali di armi, castrazioni di
seguaci, passaporti falsi. Ma la cosa più sconvolgente è che i suoi proseliti
hanno fatto l’impossibile per mettere sotto pressione la corte il giorno del
verdetto, scatenando violenze di piazza che hanno provocato diversi morti. Non
è un caso isolato. Quando la polizia è andata ad arrestare un altro santone.
Asaram Bapu – la sua impresa vanta 400 ashram
sparsi per il mondo – si è dovuta scontrare con i devoti. Rapu è il guru che,
dopo il brutale stupro di gruppo della ragazza sul bus nel 2012, aveva
scaricato la colpa sulla vittima, poi deceduta, dicendo che avrebbe dovuto
implorare pietà di fronte ai suoi stupratori e chiamarli “fratelli”. Asaram è
accusato di aver violentato una minorenne, che la famiglia aveva mandato da lui
per una seduta di “guarigione”. La cosa incredibile è che, anche dopo che la
ragazza aveva raccontato l’accaduto ai genitori, il loro primo impulso non è
stato quello di rivolgersi alla polizia, ma di cercare di incontrare Asaram per
un chiarimento: si sono rivolti alla polizia solo quando è stata negata
udienza. Per fortuna, il padre della vittima aveva soldi a sufficienza per dare
battaglia in un contesto che si è complicato: con tre testimoni morti, un altro
accoltellato e un altro ancora aggredito con l’acido. Anche il figlio di Asaram
è accusato di stupro. Su entrambi pesa il sospetto della morte di due ragazzi
trovati morti in un ashram e di altri due che ne frequentavano un altro
ritrovati sottoterra, a quanto pare privi di organi vitali. Sembra impossibile,
ma Asaram continua ad avere milioni di devoti. Poi c’è Sakshi “Maharaj”
(termine onorifico usato anche per i re), parlamentare del Bjp (il partito al
potere), che definisce l’assassino del Mahatma Gandhi un patriota, chiede alle
donne indù di proteggere la religione sfornando quattro figli a testa e vuole
che la conversione all’Islam e al cristianesimo diventi reato da pena di morte.
La sua curiosa teoria sugli stupri prevede che siano provocati da giovani
coppie che amano girare in bicicletta, e per questo dovrebbero essere
incarcerate. Anche lui ha una rete di ashram. Nel 2000, la preside di un
collegio ha sporto denuncia per stupro di gruppo contro lui e due suoi nipoti:
è stato assolto. Potrei citarne altri: Swami Premananda, Swami Nithyananda,
Swami Bhimanand, Swami Gangesanantha
Teerthapadar e Kaushlendra Prapannacharya anche detto “Falahari Baba”,
cioè il santone (baba) che mangia frutta (è un fruttariano). L’ultimo a finire
in prigione è stato Shantisagar Maharaj,
un monaco gianista digambara
(significa “vestito d’aria”: i monaci di questa confessione non indossano
vestiti), con l’accusa di aver violentato una ragazza di 19 anni. Nonostante le
prove, migliaia di seguaci hanno protestato e accusato i genitori della ragazza
di volerlo ricattare. Sappiamo tutti che alcuni guru, sacerdoti, maulana (dotti islamici) abusano di
bambini e donne. Quando questo episodi riguardano altre religioni, tutti ne
restano sconvolti ma, quando si tratta della propria, non riescono ad ammettere
che questi santoni siano solo uomini pieni di difetti. Così la spirale di
violenza e omertà continua. (traduzione di Fabio Galimberti).
Annie Zaidi – Opinioni – Donna di La Repubblica – 26 novembre
2017 -
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