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sabato 4 novembre 2017

Lo Sapevate Che: Gli Italiani d'America sono xonofobi?...



Un Anno Dopo sono tornato sul luogo del delitto. Nel Midwest, cioè dove si è giocata davvero la sfida tra Donald e Hillary. Una manciata di Stati industriali ha deciso il destino dell’America e, in parte, del mondo. Poche centinaia di migliaia di operai bianchi, e le loro mogli, hanno fatto una scelta gravida di conseguenze- Alcuni erano stati democratici e avevano votato Obama, ma un anno fa hanno preferito Trump. Tra questi ci sono anche italoamericani. Ne ho incontrati parecchi, girando tra il Michigan, l’Ohio, la Pennsylvania occidentale. La prima cosa che colpisce, politica a parte, è la solidarietà etnica. “Paisano” (con la i): quante volte mi sono sentito apostrofare in questo modo appena ho dichiarato la mia origine. E quante porte mi si sono spalancate di colpo. I nostri emigrati, anche se non conoscono più la lingua né il dialetto degli avi, diventano subito cordiali, ospitali generosi, e molto loquaci. Mi parlano di sé, mi invitano a casa mi presentano mogli e figli, accettano di rispondere alle domande più scomode o indiscrete sulle loro scelte politiche. Sulle armi che hanno in casa. Su quanto guadagnano. Ogni filtro, ogni privacy crollano di fronte a un “paisano” in visita. Con una piccola variante, una leggera punta di rammarico, quando alle domande più precise sulle mie origini devo confessare che mia mamma è ligure e mio padre era lombardo. Colgo subito un accenno di delusione nei miei interlocutori, un velo invisibile che cala negli occhi, un’impercettibile distanza che si crea. Prima che italiani, loro di solito si sentono di origini siciliane o campane, calabre o lucane. È come se le differenze nord-sud fossero state tramandate dai bisnonni o dai nonni che emigrarono qui: un lascito incancellabile, la consapevolezza che esistono altri italiani storicamente più ricchi, privilegiati, non proprio “paisani” (diversa fu la mia esperienza all’arrivo in California vent’anni fa: là c’è un’antica emigrazione ligure, toscana e piemontese, ricordo di un’epoca in cui anche noi settentrionali eravamo poveri). Entrando nelle case di tanti operai o ex operai italoamericani del Medwest, uno degli interrogativi riguarda l’atteggiamento verso le ondate d’immigrazione più recenti. Se hanno votato Trump è perché i nuovi arrivati non gli piacciono? Le risposte che ricevo si assomigliano. Provano un senso di nostalgia, e di orgoglio, verso la stoia della nostra emigrazione. Sono fieri dei genitori, nonni e bisnonni, ricordano un passato di miseria, sacrifici, Lo associano a una forte etica del lavoro: si sono meritati una condizione migliore perché chi li ha preceduti ha lavorato duro, senza chiedere favori a nessuno. Ai figli e nipoti, gli oriundi italiani hanno insegnato una morale severa: rispetta le regole e sarai rispettato, lavora più degli altri, impara l’inglese e dimentica il suo dialetto, di italiano conserva il senso della famiglia. È così che siamo diventati ex poveri, oggi ben inseriti in questo paese, fieri di essere americani, patrioti e perfino nazionalisti. Troppi degli immigrati più recenti gli sembrano agli antipodi dei nonni italiani: continuano a parlare spagnolo e non imparano l’inglese, appena arrivati si arrangiano per ottenere qualche sussidio del Welfare, i loro figli non studiano e formano gang, li ritroviamo per strada a spacciare droga (naturalmente in queste semplificazioni si perde qualcosa della nostra storia, non tutta immacolata, per esempio in fatto di criminalità). I miei italoamericani del Midwest riconoscono che le diseguaglianze sociali oggi sono estreme, insopportabili, vedono attorno a sé troppa miseria. Ma hanno paura che, da questa miseria nuova, qualcuno cerchi di uscire con la violenza. Per questo tanti paisani oggi tengono armi in casa.
Federico Rampini – Opinioni – Donna di La Repubblica – 28 ottobre 2017 -

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