Rapido e poco costoso:
E’ l’obiettivo della legge in discussione in questi giorni. Ma, nonostante i
molti consensi, c’è chi non risparmia critiche e chi è proprio sul fronte di guerra. A cominciare dagli avvocati
Roma. Troppo breve per essere vero. Il divorzio nuova
versione, fortissimamente annunciato come una doppia risoluzione – del costume
e della giustizia civile – piace a molti ma non a tutti e, benché dato già per
fatto, il rischio del pasticcio all’italiana è dietro l’angolo. Ed è
soprattutto il fronte degli avvocati matrimonialisti a essere sul piede di
guerra.
Eppure, per la giustizia civile – una specie di mostro con
5,4 milioni di cause pendenti – rendere più facile e rapido il momento
dell’addio potrebbe fare la differenza. Il testo approvato alla Camera in
commissione Giustizia prevede infatti la riduzione dei tempi – in caso di
contenzioso – da tre anni a 12 mesi. E a sei mesi in caso di accordo
consapevole. Alla Camera in queste settimane è in corso il dibattito con la
discussione degli emendamenti. La votazione finale è attesa entro la fine
giugno: presto, prestissimo, sapremo come è finita. La relatrice della norma,
la deputata pd Alessandra Moretti, per ora contiene a stento l’entusiasmo: “Il
nostro testo smina la cultura del contenzioso tra coniugi, e questo a beneficio
dei figli”. I figli sono il nodo centrale: “Può sembrare un paradosso, perché
proprio nel momento dell’addio dei genitori, noi riaffermiamo la cultura della
famiglia, ribadendo che la responsabilità genitoriale deve resistere anche
quando la coppia smette di amarsi”. Stoccata finale: “Vogliamo festeggiare i 40
anni del referendum sul divorzio con una legge che, oltre a facilitare le
relazioni tra marito e moglie, riduca i costi delle separazioni. Snellisce la
macchina burocratica, intasata da decine di migliaia di ricorsi. E soprattutto
favorisca la nascita di nuove famiglie, quelle che aspettano la sentenza di
divorzio per risposarsi”. Ma come la prenderà il fronte dei cattolici più oltranzisti?
“Bè, sono curiosa di sapere cosa dirà Carlo Giovanardi. Anche perché con questo
Papa, che ogni giorno fa dichiarazioni sull’accoglienza e la solidarietà, credo
che i cattolici abbiano ben compreso che le ragioni della famiglia sono altre.
E che vadano tutelati i diritti di tutte le forme di convivenza”.
Nel frattempo, come si diceva, i legali civilisti vanno
all’attacco. “La vera riforma del diritto di famiglia passa per l’eliminazione
della fase della separazione” tuona l’Associazione degli avvocati
matrimonialisti italiani (Ami). “Il divorzio breve” attacca l’avvocata Giulia
Facchini, “è una trovata meramente elettorale, posto che per divorziare occorre
comunque prima avere una sentenza di separazione durano in media due anni”.
Secondo i dati del ministero della Giustizia, nei tribunali
ordinari le separazioni durano mediamente 103 giorni, quelle giudiziali 675
giorni, i divorzi consensuali 132 giorni, quelli con rito giudiziale 680
giorni. Insomma, attualmente ci vogliono anni e anni per arrivare alla fine del
matrimonio con costi elevatissimi in termini di spese legali, perdita della
qualità della vita, e stress subito dai figli.
“Se avessero voluto aiutare la famiglia” attacca ancora
Facchini, “avrebbero potuto nominare più giudici e assistenti sociali. E
potevano almeno consentirci, in caso di consensuale, di stringere dei patti in
sede di separazione validi anche dopo, al momento del divorzio. Patti che ora
sono ritenuti nulli dalla Cassazione”. Il caso più recente di norma sulla
famiglia che ha “provocato il caos negli uffici giudiziari”, secondo gli
avvocati, è proprio quella che equipara i figli nati nelle coppie di fatto a
quelli delle coppie sposate. “L’equiparazione è sacrosanta, ovviamente”,
commenta Giulia Facchini, “peccato che due recenti riforme abbiano trasferito
il contenzioso per le separazioni delle coppie di fatto al tribunale ordinario,
il quale giudica con una procedura in camera consiglio altamente
incostituzionale in base alle norme del giusto processo”.
In sintesi, conclude Facchini, “il destino dei figli nati dal
matrimonio lo si decide con la procedura della separazione e del divorzio.
Quello dei figli delle coppie di fatto con una procedura che ogni tribunale s’è
inventato a propria immagine e somiglianza”. Gli avvocati fanno presente anche
un altro problema: sia i tribunali sia i servizi socio assistenziali hanno
pochi strumenti- pochi soldi, per cominciare – per intervenire adeguatamente a
supporto delle famiglie che si lasciano in modo conflittuale: “ E guardate che
sono parecchie, l’escalation della violenza domestica lo mostra chiaramente”.
La tensione finora è rimasta sotto traccia ma le mine sono
pronte a esplodere. Così il governo media. Anzi, in questa storia del divorzio
breve l’esecutivo sembra avere il ruolo del notaio. E infatti il viceministro
Enrico Costa, nel suo intervento in Commissione, si è “rimesso alle decisioni
della Camera, essendo la legge di iniziativa parlamentare”. Ma è un notaio
“partigiano” e Costa, per precisare la posizione sua e del ministro Andrea
Orlando, oggi spiega: “Dobbiamo ammettere che tre anni di tempo, dalla
separazione al divorzio, non sono serviti, com’era allora nelle intenzioni del
legislatore, a far tornare indietro i coniugi dalle loro decisioni di
separarsi. E a ricomporre le coppie. E’ dunque ora che la politica ne prenda
atto e adegui la legge alle nuove esigenze sociali. E soprattutto a quelle
delle famiglie”. Altra questione sarà fare funzionare la macchina dei
tribunali: “Il governo ha come punto di attenzione fortissima il procedimento
civile. Sicuramente si interverrà con tutta una serie di atti, a cominciare da
quelli per consentire l’entrata in vigore del processo telematico”. Le mine non
sembrano fargli paura: “Il metodo fin qui seguito sarà la discussione di ogni
provvedimento con gli attori del processo, avvocati e magistrati”.
Alberto Custodero – Venerdì di Repubblica – 30 maggio 2014 –
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