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mercoledì 5 febbraio 2014

Lo Sapevate Che: Legge e Libertà...


Paradossi elettorale

Ci sono almeno cinque stranezze nel progetto Renzi. Quella più assurda?
Si rischia di finire con due semifinali: tra Pd e grillini alla Camera (dove l’elettorato è più giovane) e tra Pd e Forza Italia al Senato. La finale?
In manicomio

Vai all’osso, e trovi il paradosso.
E’ la regola non scritta della politica italiana, l’unica costantemente rispettata. Idee, proposte, innovazioni:; magari rivestite di buon senso, poi ci guardi dentro e ti trafigge il nonsense. Poteva fare eccezione la legge elettorale? Intendiamoci: quella congegnata da Renzi è una buona soluzione, perché tende a riappacificare due nemici, rappresentanza e governabilità. Ma s’inserisce in un sistema che è diventato un manicomio, e in manicomio c’entri savio, ne esci pazzo. Più che un leader, servirebbe u o psichiatra.
E’ Il Caso, Anzitutto, del sistema dei partiti. Il doppio turno è sempre stato doppiamente inviso alla destra, giacché a quanto pare i suoi elettori sono pigri, nessuno li convincerà mai a votare per due volte di fila. In compenso rappresenta la ricetta storica della sinistra: D’Alema lo prospettava già dal 1997, e poi a seguire Fassino nel 2002, Veltroni nel 2008, Bersani nel 2011. Adesso lo propone Renzi, sicché il rottamatore è in continuità con i suoi illustri rottamati. Risultato? Fuoco da sbarramento dal Pd, un abbraccio da Silvio  Berlusconi.
A lui, però, conviene mettere una mina sotto i tacchi di Letta, e qui allora si profila il secondo paradosso. Perché la legge elettorale, insieme alla riforma del bicameralismo, allunga la vita al governo, ma al contempo rompe la coalizione di governo. Da un lato, regala un po’ di ossigeno all’esecutivo, , gli restituisce un orizzonte temporale (almeno un anno per correggere anche la Costituzione); dall’altro lato, uccide in culla i piccoli partiti ( e infatti Scelta civica si è immediatamente dissociata), che magari reagiranno aprendo una crisi di governo. Dunque l’esecutivo è vivo, dunque l’esecutivo è morto.
E c’è poi il sistema delle regole, dove il paradosso s’annida in ogni comma. A partire salla soglia di sbarramento: 5 per cento, altrimenti nessun seggio. Ma se poi la coalizione ottiene il 35 per cento, premio di maggioranza al 53 per cento. Qui entrano in campo i numeri, e sono numeri impazziti. Poniamo che il Pd confermi l’alleanza con Sel; poniamo ancora che il Pd guadagni il 32 per cento, Sel il 3 per il cento; quest’ultimo partito risulterà determinante per il successo elettorale, senza incassare nemmeno un deputato. Oppure immaginiamo una coalizione affollata come un tram: 7 liste. La prima tocca l’11 per cento, tutte le altre si fermano al 4 per cento; e fa di nuovo 35 per cento, quindi il 53 per cento dei seggi in Parlamento. Col risultato che il premio moltiplica per 5 i voti della prima lista, ed è un premio del 42 per cento: tombola! O infine, dato che la fantasia non è mai troppa dato che in Italia la realtà politica supera spesso la fantasia giuridica, supponiamo che le liste coalizzate siano una decina, quante ne imbarcò nel 2006 l’Unione di Romano Prodi. Supponiamo inoltre che la loro somma raggiunga il 40 per cento dei consensi, senza che nessuna lista valichi la vetta del 5per cento: zero  seggi per la coalizione più votata, il premio si trasforma in un castigo.
Quarto Paradosso: la questione femminile. Su cui il progetto Renzi detta una linea radicale, tanto da fare invidia agli svedesi: 50 e 50, per ogni pantalone una gonnella. Difatti le liste sono possono ospitare più di due candidati consecutivi dello stesso sesso. Ma dove si nasconde il paradosso? Nella possibilità che il nuovo Parlamento risulti viceversa il più maschile della storia. Basta collocare gli uomini nelle prime due posizioni, le donne in terza e quarta fila; dopo di che, siccome ogni collegio esprimerà 5 o 6 deputati, siccome le liste migliori al massimo potranno conquistarne un paio, le quote rosa diventeranno nere. Dalla Svezia all’Arabia saudita.
Ma il paradosso più paradossale è il quinto, perché il doppio turno serve a comprare un governo chiavi in mano, e perché il bicameralismo sequestra le chiavi. Al Senato, difatti, non votano i pischelli (dai 18 ai 25 anni); alla Camera sì. E se il voto  giovanile si riversasse in massa sui grillini? Potrebbero uscirne due semifinali: alla Camera, fra Pd e M5S; al Senato, fra Pd e Forza Italia. E la finale? In manicomio.
michele.ainis@uniroma3.itMichele Ainis – L’Espresso – 6 febbraio 2014


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