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lunedì 17 febbraio 2014

Lo Sapevate Che: Questa Settimana...


Mi logoro di più se vado o se resto?

Renzi se lo è chiesto e alla fine si è detto pronto a provarci in prima persona, a scommettere: riforme e semestre europeo sono una grande occasione.
Lui sa che non sarà facile scalzare Letta. E noi sappiamo che questa è davvero l’ultima spiaggia

La legge del paradosso, la più amata e rispettata nella politica all’italiana, vuole che anche stavolta il governo sia entrato in agonia per il dualismo tra segretario e premier del partito di maggioranza relativa. Manco fossero Andreotti e Zaccagnini, Moro e Fanfani, Forlani e De Mita, Prodi e D’Alema, anche Renzi e Letta hanno cominciato a darsele di santa ragione, da subito. Fino all’inarrestabile braccio di ferro che ha messo in crisi il Letta I e proiettato il giovane Matteo verso Palazzo Chigi, il suo rischioso salto mortale, la sua scommessa, la sua sfida finale. A due mesi dalle primarie che lo avevano incoronato, a 55 giorni dalla sua elezione a leader del Pd.
In realtà lo scontro era cominciato prima ancora. Già il 13 settembre  Renzi irrideva a Letta “attaccato alla seggiola”, e non erano passati cinque mesi dalla nascita del governo. Il 13 ottobre tuonava contro indulto e amnistia, e due giorni dopo invocava una risoluzione radicale: “O affondiamo questo establishment che ha fallito oppure il nostro Paese va a picco”. A metà dicembre, appena eletto segretario, bocciava la web tax; il 14 gennaio di Letta diceva: “Si logora da solo per quello che non fa”; infine il 6 febbraio chiedeva un voto sul suo governo. Per bocciarlo.
Non Abbiamo Vissuto Mesi esaltanti. Il sistema è congelato, paralizzato: il governo è immobile, dedito confusamente all’orinaria amministrazione; nei suoi dieci esi di vita – sui diciotto che s’era dato per chiudere l’agenda degli impegni – Letta non ha realizzato una sola delle riforme annunciate; il Parlamento è umiliato dalle risse, dagli insulti e dalla pioggia di decreti monstre inzeppati d’ogni cosa; le istituzioni traballano; gli sforzi sovrumani di Napolitano di farsi garante di governi e premier ora tecnici ora politici, di intese larghe e meno larghe e azzardate purchè si facessero ‘ste benedette riforme, s’è infranto per anni su un muro di disinteresse e di conservazione.
La fragilità del sistema è tale che una storia vecchia di due anni come quella della cooptazione di Monti al governo ,(…), dà l’impressione per qualche ora di far tremare il Quirinale. Intanto viviamo lo strano paradosso – un altro! – di un premier che non è riuscito a governare come voleva e del segretario del suo stesso partito che non vedeva l’ora di governare, ma a cui non era stata data la possibilità di farlo. Finora.
Nonostante I Tentativi di ripescare vecchi precedenti, la telenovela che va in onda è del tutto originale. A differenza della staffetta Prodi-D’Alema di quindici anni fa, infatti, qui si discute di un leader che non è stato votato a fare il premier e di un aspirante premier extraparlamentare, nel senso che non è ne né deputato, forte solo dell’investitura popolare delle primarie. Volendo, c’è una sola somiglianza tra ieri e oggi: la voglia di molti di spingere il segretario verso il Palazzo, di liberare il Nazareno dall’ingombro e di appropriarsene.
E però,nonostante tutto, Renzi si dice pronto alla sfida, a scommettere. Il ragionamento deve essere stato dei più semplici. Primo: la manovra di logoramento è in atto da mesi, tanto vale rischiare da Palazzo Chigi anziché da Palazzo Vecchio (il potere logora chi non ce l’ha); secondo: il semestre europeo offre una straordinaria opportunità di visibilità internazionale; terzo: l’idea di un governo di legislatura gli regala il ruolo di King maker per maggioranze più larghe, riforme, nuovo presidente della Repubblica. Il dado è tratto.
Certo, lo abbiamo imparato a nostre spese, una cosa è ragionare altra è governare. E letta non si farà da parte tanto facilmente,e nel Pd non tutti brinderanno al nuovo Boss, e cercare maggioranze a sinistra è l’altare sul quale si è sacrificato Bersani, e l’intesa con Berlusconi sulle riforme sarà una corsa a ostacoli eccetera eccetera. E però questa è davvero l’ultima possibilità, l’ultima speranza di scardinare il vecchio per aprire la strada al nuovo e chiudere il Ventennio Inconcludente. E proprio non è solo un modo di dire.

Twitter@bmanfellotto – Bruno Manfellotto – L’Espresso 20 febbraio 2014

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