L’irragionevole
epidemia di nazionalismo straccione sulla
Vicenda dei due marò
Caro Serra, sul caso
dei due marò mi sono posto alcune domande. Spero di non essere tacciato di
antipatriottismo, mi auguro che Salvatore e Massimiliano tornino al più presto
in Italia, ma le domande restano inevase.
Si può dire che la dinamica dei fatti è ancora misteriosa? Si
può far notare che i due militari sono stati artefici di un madornale errore di
valutazione? Possibile che una petroliera alta 40 metri sia “spaventata” da un
peschereccio che immagino sgangherato e lento? Si può dire che la stampa di
destra ha strumentalizzato il caso? Come se l’esaltazione acritica dei nostri
militari sia condizione imprescindibile? Si può dire che la legge tanto voluta
dal ministro La Russa è stata promulgata incompleta, come spesso capita, senza
linee di guida di ingaggio specifiche e soprattutto chiare? Ci voleva una
grande mente per immaginare che un incidente privato con personale militare a
bordo avrebbe potuto trasformarsi in una crisi tra governi? Si può dire che non
ho sentito parlare di procedure acustiche o manovre elusive o dissuasive prima
di passare alle armi?
Si può far notare che in quelle acque non sono mai avvenuti
attacchi di pirateria?
Il capitano della Enrica Lexie è un civile e risponde al suo
armatore, infatti è tornato in porto assecondando le autorità indiane. Un corto circuito inevitabile. Perché i due marò
appena scesi a terra hanno prima sostenuto di non essere stati loro e poi si
essere stati loro ma in acque internazionali? Si può sommessamente far notare
che le vittime sono i due poveri pescatori indiani che per un pugno di rupie
erano usciti in mare mai immaginando di non tornare vivi? Si può dire che
assoldare “personale specializzato” non è solo ridurre al minimo il rischio
d’assalto alle navi, ma anche tagliare i costi assicurativi sempre più esosi?
Si può dire che la Marina militare per ogni giorno di imbarco di un marò
incassa 5oo euro ed è una entrata difficile da rifiutare? Si può dire che
l’Italia è l’unico Paese ad aver deciso un uso così esteso di forze armate su
mercantili privati (grazie Silvio)? Si può sottolineare che i due marò non
hanno mai passato un solo giorno nelle spaventose carceri indiane? Si può dire
che i due marò non godono di immunità in quanto militari perché non lavoravano
per conto dello Stato, ma di una compagnia privata? Ultimo ma non minore: in
questo pasticcio internazionale quanto costa la nostra povera rilevanza
nazionale e scarsa credibilità politica?
Marco Bernardi
Caro Bernardi, pubblico per intero la sua lunga lettera
perché esprime, in forma documentata, civile e ragionevole il forte disagio che
la gestione politica e mediatica di questo spinosissimo caso ha suscitato in
molti. Senza pretendere di entrare nel dettaglio giuridico, l’impressione è che
si sia trattato di un penosissimo errore che è costato la vita a due innocenti.
Ovvio che non ci sia stato alcun dolo da parte dei due marinai italiani;
altrettanto ovvio che si sia tutti preoccupati della loro sorte, non essendo
giusto né logico che per un incidente, sia pure tragico, si scomodi la
legislazione antiterrorismo (ci sono state speculazioni politiche e forzature
del diritto anche da parte delle autorità indiane). Ma la grottesca campagna
che si è scatenata in Italia, trasformando i due marò da artefici di un
maledetto era quasi eroi, da celebrare con sbandieramenti e imbarazzanti
proclami di orgoglio patriottico, ci fa davvero riflettere sulla modesta
statura della nostra identità nazionale. Che la destra peggiore, con uno stile
post-littorio che fa venire il latte alle ginocchia, abbia strillato e stia
strillando le sue sciocchezze, è cosa che – purtroppo – si poteva mettere nel
conto. Ma mi hanno colpito (e l’ho critto, a suo tempo) i modi e i toni con i
quali i due marò, in occasione della loro licenza natalizia, sono stati accolti
al Quirinale. Un conto è la solidarietà per due lavoratori italiani incappati
in una brutta storia di morte, ai quali si augura di pagare un prezzo equo,
dunque il più basso possibile, a una situazione di cui – dopo i due pescatori
indiani – essi sono anche le vittime. Altro conto è l’imbarazzante,
irragionevole, ingannevole epidemia di nazionalismo straccione che ci sta
facendo fare la figura di un Paese al tempo stesso vanitoso e impotente. Nel
solco – lo dico molto amaramente – della nostra penosa tradizione fascista e
post fascista.
Michele Serra – Il Venerdì di Repubblica – 21 febbraio 2014
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