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mercoledì 5 febbraio 2014

Lo Sapevate Che: Basta Il Prof Giusto A Salvare Una Scuola...


Andrebbero rivisti radicalmente i criteri di selezione degli insegnanti, ma intanto c’è chi spesso supplisce con le proprie doti naturali ai difetti di molti

La vedo tornare sul tema dell’educazione al sentimento come parte della funzione scolastica. Ma mi chiedo: come è possibile attribuire al sistema scolastico il compito di provvedere all’educazione sentimentale degli adolescenti quando la relazione erotica, che costituisce la base e il veicolo di questa esperienza formatrice, è un evento individuale, un incontro e una frequentazione intersoggettiva e irrepetibile?
Io ho fatto il liceo classico e devo la mia “iniziazione” al sentimento attraverso la cultura non alla finalità formale di quel tipo di scuola, ma alla professoressa di latino e greco e a quella storia dell’arte. Quanto agli altri docenti: la professoressa di matematica non mi interrogò mai, la professoressa di filosofia leggeva e chiosava con un linguaggio astruso da un manuale che era poco più che una dispensa, il professore di italiano faceva lunghissime assenze riempite da supplenti pressoché anonimi. Tutto questo per dirle che mi sento molto fortunato nella mia formazione, più per meriti degli individui che per come è strutturato il sistema scolastico.
E lo dico dopo essere stato insegnante in questa scuola: così incapace di sottoporsi a una verifica della qualità delle sue funzioni, a partire da quella dei dirigenti scolastici che per lo più non si occupano dell’aggiornamento del personale (in gran parte costituito da casalinghe laureate e professionisti riciclati in un ripiego), attenti a salvare un presente mediocre piuttosto che a scommettere su un futuro eccellente.
Paolo Cinque

Per l’educazione sentimentale a cui la scuola dovrebbe tra l’altro dedicarsi, forse, come conferma la sua testimonianza, bastano uno o due insegnanti che sappiano affascinare gli studenti attraverso la cultura e non con la semplice simpatia o addirittura con l’istrionismo.
Certo, sarebbe meglio che tutti e nove o dieci insegnanti di una classe fossero all’altezza del loro compito, ma per questo occorrerebbe un altro sistema di selezione, attento alla motivazione che è alla base della scelta di questa professione che ha come suo specifico quello di essere un’arte. E come ogni arte non  si impara, ma la si possiede per natura, come, ad esempio per natura si possiede la vocazione sacerdotale, la disposizione comprensiva e dialogante col paziente nell’arte medica e in quella psicoterapeutica.
Gli esami di abilitazione  e i concorsi dovrebbero verificare non solo la competenza culturale (peraltro non sempre garantita) dei futuri insegnanti, ma anche la loro passione per la cultura, la loro capacità di comunicarla e di esercitare, nei confronti degli studenti quell’autorevolezza , che, contrariamente a quanto si crede, gli studenti sono i primi a riconoscere a quegli insegnanti che, per effetto di queste loro virtù (a prescindere dai giudizi e dai voti), motivano l’interesse degli studenti, i quali, se non altro per ragioni narcisistiche, con quei professori non vogliono fare brutta figura.
Ma le virtù non si insegnano, così come non si insegna l'arte di interessare chi ci ascolta. Sono doti di natura. Ed è su queste doti che la selezione degli insegnanti dovrebbe avvenire, come di fatto avviene nella selezione di qualsiasi personale, per qualsiasi professione, anche per l’assunzione di una commessa. Ma nella scuola no, anche se educare giovani è più difficile che vendere abiti. Non consentire a un non dotato l’accesso all’insegnamento significa evitare a lui una strada che non è la sua  (e già questo è un aiuto non trascurabile), e agli studenti che gli dovessero essere affidati anni e anni di demotivazione, che arrestano non solo la crescita intellettuale, ma anche quella emotiva e sentimentale che, al pari dell’intelletto, vanno educate.
Si potrebbero allora abolire concorsi e graduatorie e affidare la scelta degli insegnanti ai dirigenti scolastici, dando loro anche la facoltà di licenziare se l’insegnante non è all’altezza. Ma lei mi dice che neppure i dirigenti scolastici sono all’altezza del loro compito. Se a ciò si aggiunge il tasso di corruzione e di favoritismo che caratterizza il costume italiano, allora anche questa mia proposta diventa impraticabile. A questo punto, per il miglioramento della scuola non c’è alcuna speranza e dobbiamo accontentarci di quel lumicino tenuto acceso da quei pochi che si impegnano  per rispetto di sé e della loro professione, e che per giunta devono supplire anche all’inedia dei molti che per l’insegnamento non sono idonei né si sforzano di esserlo.

umbertogalimberti@republica.it – Donna di Repubblica – 1 febbraio 2014

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